Questa mattina, nel 38° anniversario della strage di Bologna, il sindaco Antonio Decaro ha deposto una corona d’alloro presso la lapide affissa sulla facciata di Palazzo di Città che ricorda le 7 vittime baresi della strage alla stazione.
Di seguito il suo intervento:
“Piangiamo le vittime di un delitto la cui infamia non sarà mai più cancellata dalla coscienza del nostro popolo e dalla storia. Sono le parole con cui Renato Zangheri, sindaco di Bologna, il 2 agosto del 1980 iniziò il suo discorso ai funerali delle 85 vittime di quella ignobile strage. Tra quelle vittime c’erano sette dei nostri concittadini: Sonia Burri, Francesco Cesare Diomede Fresa, Vito Diomede Fresa, Errica Frigerio, Patrizia Messineo, Silvana Serravalli in Bàrbera e Giuseppe Patruno.
Quel giorno l’Italia si scoprì un Paese fragile, violabile, indifeso. Un Paese che poteva essere colpito al cuore nella sua quotidianità.
Questa è stata la strage di Bologna, la vita interrotta da un boato. In una stazione, dove ogni giorno passano ragazze e ragazzi, lavoratori pendolari, famiglie, il cuore stesso di un popolo.
Noi, oggi, abbiamo un dovere, quello di ricordare le vittime, il dovere di continuare a cercare la verità per rendere giustizia a quelle vittime e ai loro familiari, affinché il nostro Paese non torni ad essere violabile.
Per fortuna è stata aperta una nuova indagine, e da marzo è in corso un nuovo processo per individuare i mandanti della stage di Bologna.
In quegli anni bui per il nostro Paese, gli anni del terrorismo, dello stragismo, si discuteva di politica, di commistioni tra Stato e gruppi eversivi. Quelle parole hanno cambiato la vita di tante persone, hanno ucciso tante persone, hanno allontanato giovani donne e uomini dalla politica, quella bella, quella sana, quella che ha l’obiettivo di migliorare lo stato delle cose, quella politica che oggi ha perso di nuovo il suo orizzonte, che preferisce urlare anziché spiegare le proprie ragioni.
La cerimonia odierna serve anche a ricordarci quanto sia importante scegliere con attenzione le parole e i toni che utilizziamo perché possono portare all’odio, al razzismo e alla violenza.
Avevo dieci anni quando in televisione passarono le immagini di quella stazione devastata, delle macerie, dello sgomento dei feriti e dei soccorritori… mia figlia oggi ha nove anni e spero non debba mai assistere a tragedie di questo tipo, anche se solo in tv”.