Giro di vite sull’acquisto dei dispositivi medici, la Regione Puglia bacchetta le Asl e impone una spending review. Tra i beni acquistati complessivamente dalle aziende sanitarie, circa un terzo è costituito dai dispositivi medici. Per dispositivo medico si intende qualsiasi strumento, apparecchio o anche software o sostanza utile ad una diagnosi, alla prevenzione, al controllo e alla scelta di una terapia per combattere una malattia.
La Puglia spende troppo, più del limite fissato dal ministero e più di altre Regioni italiane: il tetto è del 4,4% rispetto alla quota del fondo sanitario nazionale, pari a 7,4 miliardi di euro per il 2018. In sostanza, le sei Asl possono spendere al massimo 326 milioni circa, ma l’anno scorso si è andati oltre i 463 milioni: uno scostamento del 42%, da qui la necessità di intervenire per contrarre i costi e riportali nella media italiana. La Regione, quindi, ieri ha inviato alle aziende sanitarie una delibera contenente le linee guida per la razionalizzazione della spesa, vengono – ad esempio – individuati i dispositivi medici che hanno maggiore impatto sulla spesa sanitaria e viene dato mandato ai direttori generali di potenziare, “in maniera prioritaria per le categorie di dispositivi medici sotto osservazione, le attività di controllo nei confronti di medici e primari, avviando anche azioni volte a implementare l’appropriatezza d’utilizzo e di approvvigionamento”, si legge.
Ai manager aziendali la Regione ha ricordato anche la necessità di “proseguire con tutte le azioni finalizzate alla riduzione dei costi di acquisto dei dispositivi medici, incluse la rinegoziazione dei contratti con i fornitori, l’avvio di gare ponte, nelle more della conclusione delle procedure centralizzate”. Da ormai oltre due anni il governo regionale è impegnato nell’abbattere i costi della sanità, andando a colpire gli sprechi. Prima dei dispositivi medici è toccato ai farmaci, l’ultimo giro di vite in ordine di tempo ha riguardato gli antibiotici in ambito chirurgico e i medicinali per il trattamento dell’iperuricemia cronica, quelli a base di Febuxostat.