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In Puglia il minor numero di laureati: “Preferiscono studiare al Nord, perdita di capitale umano”

Pubblicato da: redazione | Mer, 20 Giugno 2018 - 16:15
Ateneo Uniba1

Si registra in Puglia la quota più bassa tra le regioni italiane di laureati: è uno dei dati che emerge da “L’economia della Puglia”, il documento redatto dalla sede di Bari della Banca d’Italia e presentato oggi ai giornalisti. La quota di laureati in Puglia è infatti con il 10,1%, la più bassa tra le regioni e ad incidere ci sono 40mila laureati emigrati fuori regione nel decennio 2006-2016.

La perdita di capitale umano – è spiegato nel documento – è ascrivibile soprattutto ai movimenti verso i sistemi locali del lavoro urbani del Centro Nord, ma nel periodo considerato è aumentato anche il peso dei trasferimenti all’estero. Le emigrazioni interessano soprattutto i laureati con caratteristiche più favorevoli all’inserimento lavorativo e si realizzano in parte nella fase di scelta dell’università proseguendo nel periodo successivo. Sempre in tema di capitale umano, in Puglia risulta poi uno scarso utilizzo di personale qualificato, tanto che tra il 2012 ed il 2016 le assunzioni programmate di personale laureato hanno rappresentato il 12,4% (sotto la media nazionale con un dato inferiore del 3,3%). “L’emigrazione – secondo il responsabile della divisione analisi e ricerca, Maurizio Lozzi – sta impoverendo la Puglia da vari punti di vista, anche con un costo diretto, di mancato reddito di queste risorse che vanno fuori regione. La perdita si può stimare in 3 punti di pil regionale”.

Il documento di Bankitalia fa luce anche sull’occupazione, che in Puglia è rimasta stabile. “Sono diminuiti i lavoratori autonomi ed è leggermente aumentata la componente dei lavoratori dipendenti. Tuttavia l’aumento – ha aggiunto Lozzi – si è concentrato nel 2017 sui contratti a termine, mentre è rimasto stabile l’indeterminato. La media della disoccupazione pugliese, pur restando su livelli superiori rispetto alla media nazionale con un dato strutturale del 18,8%, diminuisce. Un calo – ha concluso Lozzi – che non è purtroppo legato ad una maggiore occupazione, ma ad una minore partecipazione al mercato del lavoro, con più gente inattiva”

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