Nell’ambito dell’ordinamento sportivo italiano, tenendo conto di quanto previsto dalla Legge n.91/81, l’atleta dovrebbe essere libero di svolgere attività non professionistica. Tale diritto, di cui all’art. 1 della già citata Legge sul professionismo sportivo è compromesso dal vincolo sportivo, ovvero dal legame al quale l’atleta si assoggetta per un tempo indeterminato o comunque irragionevolmente lungo a seguito della sottoscrizione del “cartellino” che certifica il rapporto con la società.
Gli addetti ai lavori, così come i genitori dei piccoli sportivi, conoscono bene la necessità di firmare il tesseramento per poter praticare una disciplina sportiva, sia la stessa individuale o di squadra.
Ebbene, nonostante l’imposizione regolamentare delle Federazioni nazionali di riferimento, è da ritenersi nullo e contrastante con svariate norme imperative e di ordine pubblico che lo rendono immeritevole di tutela da parte dell’ordinamento giuridico e oggetto di critiche e pesanti contese tra i clubs, atleti e genitori.
Senza dilungarci molto sull’elencazione dei diritti lesi e tenendo conto dell’esplicito divieto di recesso unilaterale dell’atleta previsto dalla normativa, è bene evidenziare l’esistenza di soluzioni diverse dal mero pagamento del cartellino alla società per lo svincolo dello sportivo.
La richiesta di soldi per il rilascio dello svincolo rende gli atleti oggetti suscettibili di compravendita, prestito, ovvero accordi finalizzati allo sfruttamento lucrativo della loro prestazione sportiva da parte della società che ha avuto la “fortuna” di tesserarli per prima.
Ne consegue la necessità di prestare molta attenzione ai singoli casi giacchè questa soggettazione vale solo per i minori d’età e per i dilettanti, in altre parole soggetti che il più delle volte giocano senza fine di lucro.
Viene quindi alla luce che, nonostante le lacune e i tempi irragionevolmente lunghi di scadenza dei rapporti associativi, la buona conoscenza delle normative sportive permette di trovare una soluzione agli abusi quotidiani nei confronti di famiglie e degli amatori che oltre a vedere dissolti i sogni agonistici tendono a perdere il diritto alla libertà di associarsi, costituzionalmente garantita.
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