Un nuovo caso di Seu, la sindrome emolitico-uremica che colpisce soprattutto i bambini e può portare persino alla morte, si è registrato a Bari. Il piccolo, per fortuna, sta bene ed è in ripresa: si tratta del secondo caso nel 2018, il primo c’è stato a gennaio scorso. Ma i casi di Seu sono in aumento, Puglia e Lombardia sono le regioni più colpite: nel 2017 gli episodi confermati in Puglia sono stati 18.
Numeri che non si registrano in altre aree d’Italia (la media nazionale è di 5 casi all’anno) e che preoccupa i medici: “I periodi estivi sono quelli più a rischio, prevenzione e diagnosi sono necessari per evitare i focolai epidemici”, dicono. Oggi si è tenuto, nell’aula “Federico Vecchio” della clinica Pediatrica del Policlinico Bari, un convegno dal titolo “La Seu e le altre microangiopatie trombotiche in pediatria” organizzato dal dottor Mario Giordano, responsabile del reparto di Nefrologia e Dialisi pediatrica dell’ospedale Giovanni XXIII con la Regione Puglia, rappresentata da Onofrio Mongelli, dirigente del dipartimento Promozione della Salute e Servizio sicurezza alimentare e Sanità veterinaria. La malattia colpisce i bambini, generalmente dai 2 anni fino ai 15. Proprio per questo i medici hanno ritenuto di dover avere un’attenzione particolare ai protocolli alimentari e di igiene che sono alla base di una prevenzione efficace dal momento che la Seu è una complicanza rara di un’infezione intestinale batterica, dovuta a ceppi di escherichia coli produttori di vero-citotossina o Shiga-tossina che si trasmette principalmente per via alimentare con l’ingestione di cibi di origine animale contaminati in fase di produzione o di lavorazione, attraverso ortaggi o frutti coltivati su terreni fertilizzati o irrigati con reflui da allevamenti bovini infetti.
“La prevenzione – dice Giordano – è la prima arma utile per evitare casi acuti e gravi della sindrome e il nostro suggerimento ai genitori è semplice quanto importante: quando ci sia un bambino con gastroenterite con impronta emorragica, cioè ha diarrea sanguinolenta, deve recarsi al pronto soccorso o rivolgersi al pediatra di famiglia e in seconda battuta all’Istituto di Igiene del Policlinico dove verranno eseguite indagini sui campioni. Se l’infezione è presente ci attiviamo con una procedura che prevede in prima battuta l’iper idratazione”. Questa malattia – dice Maria Chironna, del reparto Igiene del Policlinico – così come le infezioni alla base di questa sindrome, sono caratterizzate da una stagionalità e purtroppo il periodo estivo è quello di massima incidenza della Seu e della produzione delle tossine killer per i bambini molto piccoli. Il picco nei mesi più caldi riguarda non solo la Puglia ma si spalma su tutta l’Italia e l’Europa: c’è un più largo consumo di alimenti contaminati e quindi un’esposizione maggiore di tutta la popolazione infantile al pericolo di zoonosi. Non ci stancheremo mai di ripetere che la prima prevenzione è l’attenzione alimentare e i primi sintomi di gastroenterite sanguinolenta”.