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Le associazioni sportive dilettantistiche e l’onere di riconoscere il diritto di voto ai soci minorenni

Pubblicato da: avv. Valentina Porzia | Mer, 9 Maggio 2018 - 11:15
calcetto

La maggior parte delle associazioni sportive dilettantistiche hanno soci minorenni e si ritrovano a dover risolvere il problema, spesso sottovalutato, legato alla partecipazione alle assemblee e al diritto di voto di questi ultimi.

Stando a quanto sancito all’art. 148 del TUIR circa le condizioni che le associazioni devono rispettare, ovvero la previsione di una “disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l’effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d’età’ il diritto di voto per l’approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell’associazione”, è doveroso evidenziare che ad essere soci tesserati siano i minorenni e che i genitori (nella maggioranza dei casi non soci), quali rappresentanti dei figli minori, non debbano essere coinvolti nelle decisioni assembleari.

Tale problema è maggiormente sentito nelle realtà la cui maggioranza degli aderenti è composta da minorenni.  Per anni, si è assistito all’apparente contrasto tra quanto previsto dal succitato articolo del TUIR e ciò che alternativamente veniva sancito all’art. 90 L 289/02. Quest’ultima norma, infatti, impone alle ASD di ispirare le disposizioni sull’ordinamento interno a principi di democrazia e uguaglianza dei diritti di tutti gli associati attraverso una disciplina uniforme del rapporto.

Ebbene, tenendo conto della necessità di garantire un trattamento equo per tutti soci e il principio di sovranità dell’Assemblea, è evidente che non possa essere invocata la minore età dell’associato come causa della sua esclusione dalle decisioni del sodalizio.

Tale comportamento, in altre parole riconoscere potere decisionale ai soli soci maggiorenni, è senza dubbio una  violazione del principio di democrazia , soprattutto quando gli aventi diritto perché non minori siano esclusivamente dirigenti e tecnici.

Al fine di chiarire quanto questo apparente dettaglio sia importante ai fini della gestione delle associazioni è doveroso rendere noto un recente orientamento della Suprema Corte che ha analizzato il caso di un’Associazione Sportiva Dilettantistica che sosteneva di aver rispettato i criteri della “democraticità della vita associativa” (art. 148 comma 8 del TUIR) necessari per poter usufruire delle agevolazioni fiscali vigenti.

In questo analisi i Supremi Giudici hanno rigettato la tesi vantata dal sodalizio sportivo affermando che l’ASD in esame non prevedeva all’interno del proprio statuto il diritto di voto dei soci minorenni, ledendo conseguentemente il diritto fondamentale della partecipazione attiva alla vita associativa.

In questo modo, la Suprema Corte ha ribadito l’uguaglianza di tutti i soci che devono poter vantare gli  diritti  tutti uguali anche in termini di partecipazione al voto.  Nel caso di minori, in linea con quanto statuito ex art. 320 c.c., tale diritto deve essere esercitato da chi ne ha la responsabilità genitoriale.

Alla luce di quanto appena detto bisognerebbe interrogarsi sulla necessità di adeguare gli statuti non conformi al principio di diritto sancito dalla Cassazione, non prescindendo dall’opportuna scelta di estendere la convocazione alle assemblee anche al genitore del socio minore, conferendogli cosi diritto a parteciparvi ed intervenire in nome e per conto del socio rappresentato, indipendentemente dalle previsioni statutarie.

Per info e approfondimenti, scrivere a avvocato@valentinaporzia.com

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