Decine di pazienti pugliesi affetti dall’Hiv avrebbero smesso di curarsi o sottoporsi ai controlli perché costretti a fornire i propri dati personali per ottenere l’esenzione dal pagamento del ticket. Dopo i disabili gravi, a protestare sono le associazioni e coloro che lottano contro l’Aids: ad alzare la voce è la Cama Lila (il centro di assistenza per i malati di Aids) che ha attaccato la Regione Puglia rea di violare il diritto alla privacy. “La nostra Regione Puglia – critica il presidente della sede barese – non è per niente attenta alla salute i malati in genere, tantomeno delle persone sieropositive delle quali bisogna tutelare la privacy evitandogli gravi discriminazioni”.
Cosa è successo? Nell’ambito della stretta sulla spesa farmaceutica e sulle prescrizioni mediche, in Puglia per ottenere l’esenzione per le malattie croniche, come l’Aids, bisogna presentarsi dal medico di base per ottenere un certificato che, successivamente, il paziente dovrà presentare all’Asl per avere un codice corrispondente all’esenzione dal pagamento del ticket di un elenco specifico di farmaci, di esami specialistici, di prestazioni. Tutto questo, ovviamente, comporta un venire meno della riservatezza di dati personali e sensibili, sino a qualche tempo fa tutelati. La nuova procedura, secondo la Cama Lila, non solo non rispetta il diritto alla privacy, ma starebbe avendo un altro effetto deleterio: molti ammalati starebbero rinunciando alle visite e alle cure per non essere costretti ad essere “schedati”.
“Sono 25 anni che ci occupiamo in Puglia di Hiv e di Aids – dice il presidente – ma la possibilità che questa infezione possa essere debellata, promuovendo il test gratuito e in anonimato, e in caso di positività, ottenendo i farmaci senza difficoltà ed effettuando esami e cure senza dimenticare il diritto alla privacy, non è cosa che appartiene alla politica sanitaria di questa Regione”. Alcuni pazienti hanno segnalato che sulle richieste mediche o persino sui certificati sanitari compare l’acronimo Hiv, in barba a legge 135 del 1990. Al Policlinico di Bari, ad esempio, per sottoporsi al test bisogna presentare la tessera sanitaria. “La Regione – attaccano ancora dalla Cama Lila – ha eliminato l’accesso diretto a cure ed esami diagnostici, senza trovare vie alternative. Tale situazione è grave perché il malato, per non esporsi, paga, e in questo caso si toglie il diritto alla cura gratuita, prevista per le persone Hiv. O peggio ancora non si cura, rischiando la vita”. Non solo quella propria: “Se il sieropositivo non si cura, la carica virale sale sopra lo zero, condizione, ormai riconosciuta dal mondo scientifico, che permette la diffusione del virus”, spiega il presidente dell’associazione. La Cama Lila assicura di aver già segnalato il caso e di aver inviato “numerose lettere di protesta”.