Stop al far west sui contratti per il latte. E’ quanto chiede la Coldiretti di fronte alle comunicazioni di unilaterali di variazione al ribasso del prezzo alla stalla, o di riduzione delle quantità richieste rispetto agli accordi presi, che le industrie stanno mandando agli allevatori e che mettono a rischio la sopravvivenza e il lavoro di oltre 30mila aziende agricole, senza considerare l’indotto. Si tratta – spiega la Coldiretti – di una situazione generata anche dalla pratica fuori legge ma ancora in uso di stipulare intese verbali e di durata inferiore ai 12 mesi per la quale si chiede l’intervento degli organismi di controllo del Ministero delle Politiche Agricole insieme all’attivazione di tutte le contromisure legali disponibili in caso di necessità.
“All’emergenza prezzi – denuncia Gianni Cantele, presidente di Coldiretti Puglia – si aggiunge il problema grave che molte partite di prodotto non riescono a trovare acquirenti e molti caseifici stanno comunicando agli allevatori la decisione unilaterale di sospendere il ritiro del latte anche per 15 giorni, mentre dalle frontiere italiane passano ogni giorno 24 milioni di litri di “latte equivalente” tra cisterne, semilavorati, formaggi, cagliate e polveri di caseina, per essere imbustati o trasformati industrialmente e diventare magicamente mozzarelle, formaggi o latte italiani, all’insaputa dei consumatori”.
Gli allevatori devono vendere 2 litri di latte – dice Coldiretti Puglia – per bersi un caffè al bar, quattro litri per comprare un pacchetto di caramelle, quattro litri per una bottiglietta di acqua al bar e quasi 15 litri per un pacchetto di sigarette.
“Un fiume di latte sta invadendo la Puglia – incalza Angelo Corsetti, direttore di Coldiretti Puglia – a prezzi bassissimi da Francia, Germania, Ungheria, Repubblica Ceca, mentre un litro di latte al consumo continua a costare da 1,30 fino ad 1,60 euro e i prezzi dei prodotti lattiero – caseari nei negozi di vicinato e sui banchi della distribuzione organizzata sono rimasti stabili. Chiediamo che vengano intensificati i controlli, che venga verificata la destinazione finale di questo latte straniero di dubbia qualità, anche per garantire la reale applicazione del Decreto sull’indicazione obbligatoria dell’origine del latte in etichetta, una infallibile cintura di sicurezza per i nostri allevatori che devono poter competere alla pari e per la salute dei consumatori e scegliere in maniera consapevole quello che acquistano e mangiano”.
La legge 91 del luglio 2015 – ricorda la Coldiretti – prevede infatti l’obbligo di contratti scritti della durata minima di 12 mesi. E proprio ai sensi della normativa vigente alla Coldiretti continuano ad affluire le deleghe firmate dai singoli allevatori che incaricano l’organizzazione a rappresentarli sia di fronte alle industrie in sede di trattative per il prezzo sia di fronte ai magistrati nel caso scoppiasse una vera e propria guerra giudiziaria con le aziende di trasformazione.
Le modifiche unilaterali al ribasso del prezzo del latte – afferma la Coldiretti – vanno contro una situazione di mercato che invece offre segnali positivi. Come se non bastasse – continua la Coldiretti – mai così tanto formaggio italiano è stato consumato all’estero come nel 2017 che ha fatto segnare un record storico con l’aumento del 6% in quantità rispetto allo scorso anno che ha portato a ben il 63% l’incremento delle spedizioni nel corso di un decennio, come in Francia dove è diretto quasi un quarto del totale esportato (23%), in Germania che si colloca al secondo posto tra i principali clienti, in Gran Bretagna e negli gli Stati Uniti dove nell’ultimo anno si è verificato un aumento del 10% delle spedizioni.
A fronte di una situazione di mercato che vede crescere il Made in Italy a tavola in tutto il mondo – conclude la Coldiretti – non è accettabile un atteggiamento delle industrie che cerca di speculare al ribasso sul prezzo del latte mettendo a rischio un intero settore produttivo sul quale si basa una parte importante dello slancio dell’economia italiana sui mercati internazionali.