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Gli arbitri di calcio dei campionati dilettanti: da sottoscrittori del codice etico a vittime di violenze

Pubblicato da: avv. Valentina Porzia | Mer, 11 Aprile 2018 - 10:45

Al momento del tesseramento, ogni arbitro di calcio assume l’onere di rispettare i principi e gli ordini posti alla base dello svolgimento dell’attività. Tra i testi principali si ritrova il Codice Etico e di Comportamento dell’Associazione Italiana Arbitri (AIA).

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Il predetto scritto fornisce principi normativi e linee guida che devono caratterizzare tutte le attività dell’Ente e dei suoi Associati, la sua organizzazione e gestione interna, l’insieme delle sue relazione con la Federazione Italiana Gioco Calcio, le Leghe ed istituzioni pubbliche nei differenti livelli, nonché i comportamenti richiesti ai singoli iscritti AIA, in relazione alle rispettive funzioni.

L’adesione all’AIA avviene su base volontaria e comporta, come già accennato, la conseguente accettazione da parte dei soci delle regole del citato Codice che viene, peraltro, confermata da una dichiarazione scritta d’accettazione.

Oltre il testo di cui sopra, ogni associato deve mantenere il suo comportamento conforme ai principi etici e alle norme derivanti dai seguenti testi: D.Lgs. 231/01; D.Lgs. 196/03 recante il “Codice in materia di protezione dei dati personali”; Statuto Coni; Statuto FIGC; Codice etico CONI; Codice etico FIGC; Regolamento AIA; Codice etico UEFA.

Si deve evidenziare che, nell’esercizio della sua attività, ogni Associato deve dimostrare sempre trasparenza, onestà, lealtà, correttezza, equità, imparzialità, segretezza, riservatezza, probità, terzietà, rispetto delle regole, indipendenza, decoro, rigore, autonomia, autorevolezza, integrità morale, mirando al raggiungimento del c.d. “principio di qualità”. Ciò succede in virtù del fatto che l’arbitro, così come i dirigenti dell’Ente, rappresenta il garante del rispetto delle regole. Ne consegue che il suo comportamento, anche fuori dal campo da gioco, deve promuovere il valore educativo dello sport e della sana competizione.

Quanto affermato giustifica il tipico e diffuso atteggiamento dei direttori di gara che riescono a mantenere un assetto corretto anche qualora siano obiettivo di scherno e violenza.

Non di rado, infatti, succede i campionato dilettanti siano teatro di risse e minacce aventi come vittime gli arbitri, spesso minorenni. Le Cifre dei feriti sono molto elevate e negli anni stanno portando a una riduzione dei ragazzi e delle ragazze che scelgono di intraprendere, o proseguire, questa carriera.

Prescindendo dai danni e dalle conseguenze prettamente fisiche, si tratta di episodi di violenza da non sottovalutare  e che nell’ultimo periodo hanno subito una sostanziale crescita.

La costituzione del vincolo associativo, poi, prevede svariate limitazioni in materia di disponibilità dei propri diritti, in virtù dell’accettazione di qualsiasi provvedimento adottato nei propri confronti dalla FIGC o dall’AIA. Tuttavia, per quanto concerne l’attività federale e fatta salva l’espressa autorizzazione degli Organi competenti, sia sotto il profilo tecnico-disciplinare e sia economico, gli associati possono adire le vie legali preposte e vedere tutelati i propri diritti.

Per info e approfondimenti, scrivere a avvocato@valentinaporzia.com.

 

 

(foto: aggressione durante il match Royale-Fiore-Agazzanese – www.liberta.it)

 

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