Il maneggio, anche detto centro ippico, è il luogo ove si fa scuola o esercizi di equitazione. Generalmente, si tratta di un recinto (“rettangolo”) con terreno ricoperto di materie soffici, come ad esempio pula di riso, sabbia. Il centro consta, altresì, di aree di stabulazione dei cavalli, sellerie e altri edifici logicamente correlati alle funzioni suddette. La costante esposizione al pericolo che caratterizza questo luogo necessita un focus sui diversi possibili livelli di responsabilità che si possono ravvisare in capo ai soggetti protagonisti delle varie fattispecie.
Ebbene è doveroso subito chiarire che, ai sensi dell’art. 2052 c.c., “il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall’animale, sia che fosse sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito”. Tale assunto prevede il presupposto che il sinistro sia «cagionato» dall’animale, ovvero “conseguente” al comportamento del cavallo e l’esclusione dei caso in questi rimanga inerte.
A nulla però vale la convinzione che l’equino sia solitamente mansueto in quanto nella pratica dell’equitazione, l’indole e il comportamento dell’animale assumono grande rilievo. Il cavallo, infatti, è “dotato di volontà”, caratteristica imprescindibile per l’esercizio di questo sport. Succede, invero, che nella pratica di questo sport la condotta del cavallo e quella dell’uomo concorrono e l’imprevedibilità delle reazioni dell’animale rendono indiscutibile la qualificazione di “pericolosità”.
L’orientamento prevalente, tenendo conto della previsione della “culpa in vigilando”, dispone che possano essere chiamati a risarcire i danni cagionati dall’animale solo il proprietario o l’utilizzatore dello stesso, i quali, come già anticipato, rispondono sia che l’animale fosse sotto la loro custodia sia che fosse perso o fuggito.
Al contrario, la prova liberatoria potrebbe consistere nel dimostrare l’assenza di colpa da parte di chi controlla l’animale, che deve aver vigilato sul comportamento dello stesso.
Tuttavia, come già anticipato all’inizio, la maggioranza della giurisprudenza recente afferma che il proprietario di un animale risponde, ai sensi dell’art. 2052 c.c., sulla base non già di una propria condotta o attività, ma vista la mera relazione di proprietà o di uso che intercorre tra lui e il cavallo, nonché del nesso di causalità sussistente tra il comportamento di quest’ultimo e l’evento dannoso, salvo prova del caso fortuito.
Orbene, al fine di escludere l’assunzione della responsabilità, il soggetto proprietario o utilizzatore del cavallo deve riuscire a dimostrare l’intervento di un fattore esterno idoneo ad interrompere il nesso di causalità tra il comportamento dell’animale e l’evento lesivo, comprensivo anche del fatto del terzo o del fatto colposo del danneggiato che abbia avuto efficacia causale esclusiva nella produzione del danno.
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La responsabilità del proprietario di un cavallo
Pubblicato da: avv. Valentina Porzia | Mer, 28 Marzo 2018 - 10:45
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