Nasce la rete di agricoltura sociale di Campagna Amica con già 95 aziende iscritte in Puglia con servizi che vanno dal reinserimento socio lavorativo di soggetti disagiati, disabili o problematici all’educazione ambientale, dalle attività terapeutiche ai servizi alle comunità locali, con un’attività oggi codificata grazia all’approvazione in Consiglio regionale della legge sull’agricoltura sociale.
Al primo focus group operativo con le imprese agricole di Campagna Amica, le cooperative sociali di UeCoop e le associazioni che collaborano con Coldiretti, hanno partecipato il relatore della legge in Consiglio, il consigliere Domenico Damascelli e il dirigente dell’assessorato all’agricoltura della Regione Puglia, Luigi Trotta.
“L’agriwelfare vede l’agricoltura protagonista di progetti imprenditoriali dedicati esplicitamente ai soggetti più vulnerabili – ha spiegato il presidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cantele – che devono fare i conti con la cronica carenza dei servizi alla persona, utili all’inserimento socio-lavorativo di soggetti svantaggiati, disabili e minori in età lavorativa, inseriti in progetti di riabilitazione sociale mediante le risorse materiali e immateriali dell’agricoltura, attraverso le opportunità della multifunzionalità e il grande spirito innovativo e di inclusione sociale dimostrato anche dai giovani imprenditori agricoli. C’è chi si occupa di persone con problemi di dipendenza (droga e alcool in particolare) oppure chi si dedica a ortoterapia, ippoterapia e altre attività con disabili fisici e psichici di diversa gravità, ma ci sono realtà che seguono il reinserimento sociale e lavorativo di persone emarginate (minori a rischio, disoccupati di lunga durata, ecc.) oppure che puntano allo sviluppo di un’attività agricola volta al miglioramento del benessere e della socialità (agriasilo, orti per gli anziani, ecc.)”.
Secondo la mappa dell’agricoltura sociale di Campagna Amica in Italia la metà delle aziende ha sede nel nord con Piemonte ed Emilia Romagna come regioni con più esperienze, il 16 % è collocato nelle regioni centrali con Lazio, Marche e Abruzzo come capofila e il restante 34% nelle regioni meridionali con la Puglia protagonista nel Mezzogiorno.
“In Puglia già in prima battuta – aggiunge Angelo Corsetti, Direttore di Coldiretti Puglia – sono già state censite 95 aziende agricole che operano nel sociale e svolgono un ruolo importante nell’ambito della multifunzionalità, accogliendo le fasce più deboli della società nelle aree rurali, una svolta epocale con la quale si riconosce che nei prodotti e nei servizi offerti dall’agricoltura non c’è solo il loro valore intrinseco, ma anche un bene comune per la collettività fatto di tutela ambientale, di difesa della salute, di qualità della vita e di valorizzazione della persona. Un’azienda su tre si occupa di reinserimento socio lavorativo mentre il 15% di chi si occupa di percorsi riabilitativi o di sostegno a disabili o minori lo fa anche puntando sulla grande capacità di stimolo affettivo di animali come cani, cavalli e asinelli realizzando una vera e propria pet therapy sociale secondo il Rapporto sull’ Agricoltura Sociale del Ministero per le Politiche Agricole e Forestali”.
Ma esiste anche una fetta del 6% che struttura progetti sociali sulla produzione di miele con i “pastori delle api”. Per l’avvio delle attività 1 azienda su 4 ha utilizzato anche finanziamenti esterni che sono arrivati nel 30% dei casi da fondi pubblici europei oppure da enti e istituzioni locali e nazionali (ministero, regioni e comuni), ma esiste anche un canale di finanziamento è di origine privata che comprende i fondi raccolti tramite operazioni di crowdfunding e con le donazioni.
L’agriwelfare italiano – evidenzia la Coldiretti – nasce quindi dall’innesto dei percorsi di riabilitazione e di reinserimento sociale in attività agricole tradizionali come la coltivazioni, l’allevamento, l’agriturismo, le fattorie didattiche e anche le vendite dirette che con il 60,2% sono anche il canale più utilizzato per l’offerta dei prodotti, seguito dai gruppi di acquisto (35,1%) e dai mercati contadini e rionali (32,2%), dalla ristorazione (22,3%) e da altri negozi del proprio territorio (19,9%), senza trascurare neppure le vendite on line (11,4%). Rilevante è poi il fatto che oltre il 10% delle realtà conferisca una quota delle proprie produzioni alle mense a fronte di una crescente sensibilità della ristorazione collettiva verso le produzioni del territorio che portino anche il valore aggiunto della solidarietà verso gruppi sociali meno fortunati e in difficoltà.