Un ragazzo su tre in Puglia lavora in nero. Lo rivela l’indagine presentata ieri dalla Cgil, che ha voluto tracciare un quadro sulla condizione occupazionale degli under 35, evidenziando che il 40 per cento della popolazione giovanile è disoccupato mentre la dispersione scolastica raggiunge il 20 per cento.
Lo studio sulla condizione giovanile in Puglia
“Era da dieci anni che non si conduceva una rilevazione così importante sui giovani pugliesi”, ha spiegato il sociologo Leo Palmisano, che assieme a Valentina De Maria ha curato la lettura dei dati emersi dai questionari. Lo studio ha riguardato quasi 400 intervistati di tutte le province e fino a 35 anni, lavoratori ma anche studenti. Solo l’11 per cento degli studenti intervistati non cerca lavoro. Emerge un giudizio poco positivo su scuole e università, definite “poco organizzate, poco vicine agli studenti, lontane da realtà dei giovani, poco aggiornate, in sostanza non adeguate”.
Tra i lavori principalmente svolti prevalgono quelli nella ristorazione, come addetti alle vendite o all’amministrazione. Quanto ai contratti, il 33 per cento dichiara di lavorare in nero. Tra chi ha un contratto il 60 per cento è parasubordinato, ed emergono le varie forme precarie dei rapporti: dall’apprendistato al lavoro a chiamata, dalla somministrazione agli stage. Il 64 per cento degli intervistati è poco o per niente soddisfatto della propria remunerazione: il grosso dei lavoratori percepisce al di sotto degli 800 euro, e una metà di questi non va oltre i 500 euro mensili. Alla domanda cosa ti aspetti dal futuro, il 12 per cento pensa di andar via dalla Puglia o dall’Italia, 40 su cento rispondono “veder migliorata la mia condizione”. Il 30 per cento di chi è in cerca di lavoro lo fa da più di un anno e senza esiti. E se la metà lo cerca principalmente scandagliando gli annunci on line, un terzo degli intervistati ammette di rivolgersi alla rete parentale e delle conoscenze. Quanto al rapporto con il sindacato, il 35 per cento è iscritto e lo motiva con la tutela dei diritti, tra chi invece non è iscritto il 34 per cento afferma non di saperne nulla e oltre il 40risponde “perché per il mio lavoro non serve”.
La presentazione dei dati
“Che impresa per i giovani restare in Puglia” è il titolo dell’iniziativa che la Cgil regionale ha tenuto oggi (23 marzo) a Martina Franca, in provincia di Taranto, mettendo al centro della riflessione il tema dell’emigrazione giovanile. Il comune della Valle d’Itria, secondo l’indagine curata ad agosto scorso da L’Espresso su dati Istat è tra i comuni pugliesi dove più alto è stato l’esodo nell’ultimo decennio, con una perdita di oltre l’11 per cento di ragazzi e ragazze tra i 18 e i 30 anni. In totale, tra le prime cinquanta città italiane per cancellazione dall’anagrafe di under 30, ben tredici sono pugliesi, e ventimila i giovani emigrati dal 2008. “Un dato che per noi misura il fallimento delle politiche messe in campo negli ultimi venti anni per il Sud e per il lavoro”, ha commentato il segretario generale della Cgil Puglia, Pino Gesmundo. “Sulle imprese sono piovuti miliardi di euro tra incentivi e defiscalizzazioni e il lavoro creato è molto al di sotto delle aspettative, e quasi sempre precario e povero. Non è così che si offre una prospettiva ai giovani e non è così che si risolleva socialmente ed economicamente il Mezzogiorno”.