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Bari, una baby gang ha in scacco il rione Libertà. Don Preite: “Messi alla prova dal clan. Senza futuro, i giovani non sognano più”

Pubblicato da: Daniele Leuzzi | Mar, 20 Marzo 2018 - 18:30

Furti, aggressioni, scippi. Al quartiere Libertà nell’ultimo mese sono stati denunciati diversi episodi di violenza commessi da una baby gang, un gruppo di minori che aggredisce i passanti senza alcuna ragione. Questa mattina abbiamo incontrato don Francesco Preite, direttore dell’Oratorio salesiano Redentore, per provare a capire cosa spinge questo “branco” a terrorizzare i residenti del quartiere più popoloso di Bari che vive di contraddizioni: da un lato è la zona della città in cui si registra il più alto indicatore di nascite, dall’altro presenta il maggior numero di individui agli arresti domiciliari.

L’ordine pubblico al Libertà sembra fuori controllo. A cosa è dovuto?

“Non esistono ragazzi cattivi. I minori qui vivono un forte disagio sociale e trasmettono all’esterno la loro delusione. In tempo di crisi sono le fasce giovanili a essere le più rabbiose contro la società degli adulti che non ha offerto loro delle possibilità concrete. Soprattutto nei quartieri periferici. Dove le possibilità di un lavoro sono scarse, molti abbandonano la scuola e stando per strada non possono che delinquere. La criminalità organizzata scatena queste baby gang per testarle, o semplicemente per dare dei profitti facili con un panetto di droga o la custodia di una pistola in casa”.

Le telecamere installate nella piazza del Redentore sono un deterrente efficace?

“Su questi episodi ci sono indagini in corso, la violenza va condannata. Ma sui territori difficili la politica e le istituzioni dovrebbero investire su un piano di politiche sociali ed educative, oltre alla riqualificazione urbana degli ambienti. L’educazione non può passare dalle telecamere a circuito chiuso, non possono sostituire le risorse umane e il contatto diretto”.

Ogni giorno lei affronta la sofferenza dei ragazzi. Quali sono le sensazioni?

“Molti hanno smesso di sognare e di seguire una vocazione per il futuro. Mi colpisce sempre che questi giovani non hanno delle famiglie che sappiano educarli, il più delle volte i genitori sono impossibilitati da fattori economici. L’assenza di speranze di trovare lavoro e la povertà economica scatena la rabbia: si incontrano personaggi che guadagnano soldi facili in modo illecito e ne sono subito affascinati. Manca del tutto la controproposta legale sui modelli di successo e di impegno sociale. Dobbiamo fare delle selezioni anche per i minori che non vanno a scuola e possono accedere ai nostri corsi pomeridiani, poi incontro la madre di uno di loro che ammette che il figlio delinque ed è agli arresti domiciliari”.

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