Tre anni dopo il relitto del traghetto Norman Atlantic è ancora lì, nel porto di Bari, ormeggiato accanto ad una bachina dove sbarcano i crocieristi. Non un bel bigliettino da visita per la città, e pensare che magistratura e autorità portuale, nel febbraio del 2015, assicurarono che sarebbe rimasto lì solo per pochi mesi. I pochi mesi sono diventati 3 anni e chissà quanto tempo ancora ci vorrà per spostarlo.
Al momento è sotto sequestro perché potrebbe essere necessario tornare a bordo e perché l’Italia rischierebbe una infrazione comunitaria. Il tribunale di Bari rigettò l’appello proposto dai difensori dell’armatore proprietario del traghetto, Carlo Visentini, gli avvocati Filiberto Palumbo e Pietro Palandri.
Il traghetto naufragò dopo un incendio a bordo nel dicembre del 2014 che costò la vita a 12 persone (19 sono ancora disperse) e il ferimento di altre 64; il relitto è ormeggiato nel porto di Bari dal febbraio 2015. Per il giudice, che ha accolto le tesi della Procura, è necessario “assicurare la nave a fini probatori” perché anche nel corso del processo “potrebbero profilarsi nuove esigenze istruttorie”. Concluso l’incidente probatorio durato quasi due anni, la Procura ha ipotizzato responsabilità a carico di nuovi indagati i quali, per il gip, potrebbero chiedere ulteriori perizie tecniche a bordo, non avendo partecipato all’incidente probatorio. C’è anche un’altra ragione alla base del “no” del Tribunale al dissequestro.
Il giudice ricorda, infatti, che “dagli atti emerge l’attuale pendenza di una procedura di infrazione comunitaria aperta nei confronti dello Stato italiano” su impulso delle autorità tedesche, alle quali non fu concesso il libero accesso a bordo del relitto. Questo in violazione, secondo loro, delle norme Ue perché, essendo coinvolte nel naufragio persone provenienti da diversi Paesi europei, anche le rispettive strutture ministeriali avrebbero dovuto partecipare alle indagini. Tale procedura, scrive il gip, rende necessaria la “conservazione della prova e in particolare della nave”.