Si riducono i parti cesarei ma il numero resta troppo alto ancora, si abbassa la percentuale di ricoveri inappropriati, cala la mortalità a 30 giorni dopo infarto miocardico acuto e migliora la tempestività degli interventi chirurgici dopo una frattura. Sono alcuni dei miglioramenti che fa registrare nel 2016 il sistema sanitario pugliese stando all’ultimo rapporto nazionale “Esiti”, indagine svolta dall’agenzia Agenas per conto del ministero della Salute.
I dati complessivi sull’assistenza relativi al 2016 – ultimo report disponibile – dicono che la qualità delle cure in Puglia migliora sensibilmente, anche se restano alcune criticità. Si parte dai ricoveri ritenuti inappropriati, scesi al 20% del totale rispetto al 38% del 2010. Un calo significativo, la percentuale resta ancora leggermente alta ma rispetta gli standard definiti dal ministero della Salute. Più nel dettaglio, il tasso di ospedalizzazione per diabete senza complicanze passa da un tasso di 0,47 per mille abitanti a 0,12, persino al di sotto del valore nazionale (che da 0,25 diventa l’anno scorso 0,13). Il ricorso al ricovero ospedaliero si è drasticamente ridotto anche per l’ipertensione arteriosa (era 1,66 nel 2010, diventa 0,39 nel 2016) e per lo scompenso cardiaco (da 5,1 a 3,8). Ancora: le malattie respiratorie croniche mostrano una riduzione del tasso per 1000 abitanti da 5 nel 2010 a 2 nel 2016, a Taranto e Brindisi, però, ci sono ancora valori alti. I parti cesarei restano il tallone di Achille della Puglia, anche se vi è un miglioramento dell’indicatore che passa dal 39% del 2010 al 31% del 2016. In pratica, un neonato su tre nasce ancora con parto cesareo, rapporto considerato troppo elevato da ministero e Oms.
Segnali positivi si registrano nell’area chirurgica, ecco qualche esempio: migliora la tempestività di intervento chirurgico sulle fratture del collo del femore sopra i 65 anni di età: se nel 2010 solo il 14% dei pazienti pugliesi veniva operato entro due giorni, nel 2016 la proporzione di interventi tempestivi è del 49%. In questo campo due ospedali pugliesi entrano nella top ten italiana: sono il Di Venere di Bari (95%) e la struttura di Francavilla Fontana (93%). Altri 5 ospedali superano comunque la soglia del 70%: Castellaneta, Scorrano, Ostuni, Policlinico di Bari e Vito Fazzi. Nell’area cardiologica, invece, si registra una riduzione della mortalità a 30 giorni dopo infarto miocardico acuto, che passa dall’11% del 2010 al 9% nel 2016. Sono 16 i reparti dove si riscontra una mortalità più bassa della media nazionale dell’8%, con le migliori performance fatte registrare dall’ospedale di Bisceglie, dagli Ospedali Riuniti di Foggia e dall’ospedale di Gallipoli. Parallelamente c’è stato un incremento della percentuale di pazienti trattati con angioplastica coronarica entro 48 ore, passata dal 28% del 2010 al 42% nel 2016. Il 66% dei pazienti in Puglia ha oggi una degenza post-operatoria inferiore a 3 giorni, contro il 50% del 2010. Nel 2016 il 33% degli interventi è stato eseguito in regime di day surgery, mentre la percentuale era appena dell’8% nel 2010.