La senatrice Angela D’Onghia ha rassegnato le dimissioni da sottosegretaria al ministero dell’Istruzione e dell’Università e continuerà a svolgere il mandato parlamentare affidatole dagli elettori fino alla naturale scadenza della legislatura.
Le ragioni di queste dimissioni sono nella presa d’atto del fallimento dell’impegno assunto oltre tre anni fa, in forza della delega conferita dal ministro Giannini e successivamente confermata dalla ministra Fedeli, di completare la riforma del sistema Afam introdotta in ordinamento dalla legge 508 del 1999 e rimasta inattuata per 17 anni.
Nonostante il cantiere aperto nel lontano 2014 sotto la sua guida, con il titolo beneagurante di “Chiamata alle arti” e tre lunghi anni di discussione sulle proposte normative avanzate dal tavolo tecnico appositamente costituito sulle diverse aree delegate dalla legge del ’99, nulla di concreto è stato realizzato, la montagna ha partorito il solito topolino.
L’unico risultato, infatti, è rappresentato dall’emendamento alla finanziaria, in corso di approvazione, per il finanziamento degli Istituti musicali pareggiati e delle Accademie non statali, che rischierebbero il collasso finanziario.
“Questo, nel mondo da cui provengo, che è quello della società civile e produttiva del nostro Paese, significa un nulla di fatto, una ulteriore proroga per procrastinare problemi irrisolti.”
Tre anni perduti nel rincorrere una riforma, doverosa, avvertita come necessaria dagli operatori del sistema e indispensabile per far crescere i musicisti e gli artisti di domani. Una riforma per la valorizzazione delle eccellenze italiane, che nel mondo danno voce alla nostra identità nazionale, promuovendo il sistema Paese e il made in Italy.
“Sono delusa e amareggiata, non accetto la rassegnazione che prevale negli ambienti ministeriali nonostante le mie continue sollecitazioni. La mia candidatura e il mio impegno politico sono stati guidati dalla volontà di poter contribuire al cambiamento e al miglioramento di questo Paese. Sarebbe necessario un impegno comune, un lavoro di squadra costante, delle sinergie che non possono essere garantite da singole personalità, nemmeno dalle più carismatiche e volitive. Mi auguro che le mie dimissioni possano risvegliare la politica del fare.”