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Psichiatra uccisa a Bari, l’ex direttrice del Csm: “Denunce ignorate, il centro andava chiuso perché insicuro”

Pubblicato da: redazione | Gio, 16 Novembre 2017 - 15:59
Paola Labriola

“Il centro di salute mentale di via Tenente Casale andava chiuso. Erano stati tagliati fondi e il personale ridimensionato. In un momento in cui però i bisogni delle persone crescevano, le risposte diminuivano e cresceva la rabbia. Molte volte abbiamo conosciuto la violenza in quella struttura”. A parlare è Tina Abbondanza, psichiatra in pensione ed ex direttore, fino al 2011, del Csm barese dove il 4 settembre 2013 è stata uccisa a coltellate da un paziente la collega Paola Labriola.

La dottoressa Abbondanza è stata sentita oggi in Tribunale come testimone nel processo in corso nei confronti di sei funzionari della Asl di Bari, tra i quali l’ex direttore generale Domenico Colasanto, ritenuti responsabili di non aver garantito la sicurezza nella struttura. Agli imputati il pm Baldo Pisani contesta i reati di morte come conseguenza di altro reato, omissione di atti d’ufficio e induzione indebita a dare o promettere utilità. Per l’omicidio è già stato condannato in via definita il 40enne Vincenzo Poliseno, che quel giorno entrò nel centro armato di coltello e uccise la psichiatra con più di 70 colpi. Nella sua testimonianza, Abbondanza ha ricordato le numerose segnalazioni e denunce fatte in quegli anni sulla inidoneità dei luoghi.

“Quella struttura era assolutamente inadeguata – ha detto – non rispondeva ai requisiti che dovrebbe avere un Csm, in termini di ambiente accogliente e di sicurezza. Mancavano uno spazio di incontro con i pazienti, non c’era nessuna possibilità di fuga, aveva stanze sigillate che però erano l’accesso diretto alla disperazione degli utenti. Abbiamo tirato fuori le persone dai manicomi ma non abbiamo mai avuto paura perché non eravamo soli, invece in quel centro tutti eravamo sufficientemente impauriti”. “Avevamo chiesto – ha concluso la psichiatra – di chiudere temporaneamente la sede perché c’erano troppe richieste a fronte di poche risorse, ma ci fu risposto che la struttura era adeguata”.

Si tornerà in aula il 15 marzo 2018 con altre testimonianze di medici e infermieri che hanno lavorato con la vittima nel Csm di via Tenente Casale.

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