Chiedevano in diversi Comuni un aiuto dai servizi sociali ma in realtà cercavano solo contributi da intascare. E’ quanto scoperto dall’amministrazione comunale di Bari che, adesso, ha deciso di indagare sui beneficiari dei servizi Welfare.
“Grazie al lavoro dell’assessorato al Welfare – spiegano dal Comune – in rete con le associazioni e le parrocchie quotidianamente impegnate sul territorio, in questi giorni è stato possibile verificare, con approfondimenti puntuali, i casi relativi ad alcuni nuclei familiari che nelle scorse settimane avevano denunciato una situazione di estrema povertà richiedendo un intervento da parte del Comune di Bari. In particolare, si tratta di una famiglia, che a mezzo stampa aveva lanciato un appello all’amministrazione comunale affinché si facesse carico della loro situazione, già nota alla ripartizione Servizi alla persona. L’amministrazione, infatti, ha più volte disposto l’intervento del Pronto intervento sociale che puntualmente ha offerto alla famiglia tutte le soluzioni disponibili, ricevendo ogni volta rifiuti da parte degli interessati. Da un’analisi più approfondita e da un confronto con i parroci venuti a conoscenza del loro caso è stato accertato, inoltre, che la famiglia ha effettuato la stessa richiesta nei diversi Comuni in cui ha fatto tappa negli ultimi tempi, ovvero un sostegno esclusivamente monetario che non nulla ha a che fare con l’assistenza offerta dai servizi sociali”.
Dopo questo episodio, l’assessorato ha disposto controlli analoghi su altri nuclei familiari che, sempre a mezzo stampa o attraverso i social, avevano richiesto più volte l’intervento del Comune con esiti non dissimili. “Il riferimento – spiegano ancora dal Comune – è a una madre e una figlia che più volte si sono rivolte alla stampa, nonostante fossero già seguite dai servizi sociali e fossero stati loro proposti diversi interventi specifici. A seguito dello sfratto, infatti, alle due donne erano stati offerti l’accesso in una delle strutture di accoglienza comunali, con la possibilità di trovare una sistemazione anche per i loro animali grazie alla disponibilità di una rete di associazioni, e l’avvio di un percorso di inclusione sociale e di assistenza sanitaria. Tutte prestazioni rifiutate dalle due che, mentre dialogavano con i servizi sociali e socio sanitari, si sono rese irraggiungibili. Solo in un secondo momento è emerso che avevano ricevuto un sostegno da parte di privati. Le due donne, grazie all’attivazione di diversi attori istituzionali e ripartizioni comunali, sono comunque diventate beneficiarie di azioni di sostegno, come il Sia nazionale e il Red, contributi e percorsi di inclusione socio-lavorativa”.
“Questo contesto ci richiama a lavorare in rete, a condividere gli interventi per essere più efficaci nelle azioni in favore delle famiglie fragili ma anche a non duplicare prestazioni sociali e a non disperdere risorse economiche e professionali”, commenta l’assessora al Welfare Francesca Bottalico. “Ogni caso – prosegue – per quanto drammatico possa apparire, richiede una valutazione equilibrata e una successiva presa in carico, laddove le condizioni oggettive lo consentano. Anche per quanto riguarda il mondo degli invisibili, degli ultimi, costretti dalla vita e dalla circostanze più disparate a dipendere da un supporto esterno, infatti, esiste quel fenomeno odioso per il quale c’è gente disposta a mentire e a fare carte false pur di accedere gratuitamente a prestazioni e servizi pubblici in spregio a qualsiasi principio di solidarietà e di giustizia. È quanto accade con molti servizi pubblici, e il welfare non fa eccezione, purtroppo. Lo sanno bene i funzionari e gli operatori dei segretariati sociali impegnati nelle operazioni di controllo dei documenti consegnati per ottenere vari servizi come l’assistenza domiciliare, la concessione di contributi o l’attivazione di percorsi educativi in favore dei minori, per cui diventa fondamentale, nel rispetto dei principi di equità e giustizia sociale, la verifica dei requisiti per ottenere i benefici previsti dai regolamenti e rendere il welfare sempre più diffuso, trasparente ed efficace”.
Pertanto, gli uffici dell’assessorato sono impegnati in una serie di verifiche finalizzate a valutare se sussistano ancora le condizioni previste per tutti coloro che usufruiscono dei contributi e servizi erogati dal Welfare comunale.
Ad esempio, sono attualmente in corso controlli per un’eventuale redistribuzione dei relativi benefici per quanto riguarda l’assistenza domiciliare: ad oggi è emerso che in 2 casi i redditi fossero troppo elevati per ricevere prestazioni sociali, nonostante fosse stato autocertificato altro, in 10 casi la certificazione Isee fosse errata e in ben 32 casi le Isee non fossero state consegnate, mentre in altri casi le presentazioni educative venivano utilizzate per esigenze legate alla cura della casa.