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Bari, sfruttati, minacciati e mal pagati: la vertenza dei lavoratori della logistica raccontata da De Benedictis

Pubblicato da: Gino Martina | Gio, 2 Novembre 2017 - 14:00

Il 30 e il 31 di ottobre si sono fermati per chiedere il rinnovo del contratto scaduto da circa due anni e una tutela unica per tutto il settore, con un sit-in all’ingresso dell’Interporto di Bari. Sono i lavoratori della logistica e dei trasporti. Una realtà che in Puglia contra oltre 38 mila addetti e migliaia di aziende, tra grandi multinazionali e piccole cooperative. Maria Teresa De Benedictis, segretaria Filt Cgil di Bari, fa il quadro della situazione.

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Qual è stata l’adesione allo sciopero?

“Per quanto riguarda i lavoratori dell’autotrasporto siamo attorno al 20% di astensione dal lavoro. La logistica è oscillata, invece, tra il 70 e il 75%. Lo sciopero ha sicuramente portato degli effetti. Alcune aziende non hanno potuto far fronte alle proprie commesse e hanno dichiarato che la trattativa per il rinnovo non è ancora conclusa”.

Cos’altro ha prodotto l’astensione dal lavoro?

“Le associazioni datoriali hanno spiegato che non accettano ricatti ma che la questione relativa al contratto è ancora aperta. Per il 10 e l’ 11 dicembre, intanto, sono in programma altre due giornate di sciopero a livello nazionale”.

Qual è la condizione in cui lavorano gli addetti del settore?

“Una situazione complessa, fatta spesso di sfruttamento, lavoro mal pagato, non rispetto dei contratti e minacce. I più deboli del settore sono i dipendenti delle cooperative, i padroncini, ma anche i facchini e gli impiegati nel magazzinaggio e nella movimentazione merci.  C’è differenza tra i chi lavora per i grandi spedizionieri e le nuove figure emergenti come i rider, persone che fanno le consegne in bicicletta, e i driver, i padroncini che si muovono con piccoli mezzi per conto di queste grandi aziende”.

Eppure, grazie al commercio via internet, il settore non è certo in crisi

“Tutt’altro. E’ un settore in forte espansione. Ma i problemi rimangono legati ai subappalti, al mancato rispetto del contratto nazionale, alla trasformazione di voci da contratto nazionale in buoni pasto, in paghe senza contribuzione per la pensione. E’ sempre più diffuso il lavoro a chiamata e nei casi più estremi il mancato rispetto dei versamenti contributivi, previdenziali e assicurativi. E poi c’è il capitolo che riguarda le minacce e il modo come questi lavoratori sono trattati, senza il riconoscimento di ferie e congedi parentali, ad esempio”.

Il contratto unico del settore è risolutivo?

“Sicuramente può risolvere molti di questi problemi”.

 

 

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