Cassa integrazione per tre anni alternata a ferie e permessi, diversificazione della produzione e livelli occupazionali attuali garantiti fino al 2022. E’ l’accordo raggiunto la scorsa notte tra i sindacati e i vertici della Bosch di Bari nella sede cittadina di Confindustria. Una trattativa difficile, lunga, critica, che ha confermato quanto stabilito il 27 settembre scorso a Roma, nella sede della Regione Puglia, per quanto riguarda il blocco dei licenziamenti. L’incontro tra i segretari nazionali di Fiom, Uilm e Fim e i rappresentanti di Bosch Italia aveva evitato il taglio fino a 800 lavoratori tra i quasi 2 mila della fabbrica metalmeccanica della zona industriale di Bari. L’accordo raggiunto ieri ha invece blindato i livelli occupazionali fino al 2022 ed evitato ripercussioni più gravi sui lavoratori.
Sul tavolo, infatti, c’erano le richieste di Bosch: riduzione dell’orario di lavoro a 30 ore settimanali con conseguente taglio dei salari per tutti i 1980 dipendenti, riduzioni delle indennità e delle maggiorazioni notturne del 10 per cento, e riduzione da 51 a 30 euro della indennità per chi è impegnato sabato e domenica nella rotazione dei 18 turni.
“In pratica – spiega Riccardo Falcetta, componente della segretaria provinciale Uilm ed Rsu Bosch – il lavoro sarebbe stato ridotto a un part-time. Un massacro, al quale si sarebbe aggiunta la richiesta di deroga al contratto collettivo nazionale dei metalmeccanici, con la possibilità per l’azienda di utilizzare liberamente la forza lavoro in base all’andamento del mercato”.
La Cassa integrazione al 53% scongiura, quindi, una situazione potenzialmente catastrofica dal punto di vista occupazionale e salariale e apre le porte a possibili nuovi investimenti.
“L’obiettivo – spiega Franco Busto, segretario Uilm Bari – è iniziare a parlare dalla prossima primavera di produzioni diversificate. E’ necessario fare arrivare a Bari nuovi e diversi prodotti ad alto contenuto tecnologico, per evitare di ritrovarci fra tre anni al punto di partenza. Comunque, per i lavoratori, al termine della cassa integrazione, c’è la garanzia della possibilità dei contratti di solidarietà oltre all’impegno della Regione di aprire ad eventuali accordi di programma con l’azienda, in caso di nuovi investimenti, per il rinnovo delle linee di produzione e la formazione dei lavoratori”.
La crisi Bosch è nata a seguito dello scandalo Dieselgate, che ha portato a un crollo delle richieste dei motori prodotti dalla multinazionale tedesca, costretta ad accorpare i settori gas, benzina, elettrico e diesel, in unico comparto. Il nuovo accordo copre per lo meno il prossimo quinquennio, in attesa di nuovi sviluppi dati anche dalla ricerca. L’accordo sarà comunque presentato in assemblea lunedì ai lavoratori che ne discuteranno per decidere se accettarlo o meno, eventualmente, anche attraverso lo strumento del referendum in fabbrica.