“Il clan ci considerava una mucca da mungere, e anche quando dissi che lo avrei denunciato, Michele Parisi mi disse che durante gli anni di carcere i suoi mi sarebbero stati addosso”. Lo ha dichiarato oggi dinanzi al Tribunale di Bari un imprenditore edile barese che negli anni scorsi ha denunciato di aver subito richieste estorsive dal clan mafioso Parisi su alcuni cantieri nel quartiere Japigia di Bari.
La testimonianza dell’imprenditore, costituito parte civile nel processo denominato “Do ut des” nei confronti di 18 persone, fra i quali il figlio cantante neomelodico del boss Savinuccio, Tommy Parisi, altri affiliati al clan e alcuni imprenditori, ha riguardato le presunte pressioni subite fra il 2010 e il 2013 da parte del fratello del boss, Michele Parisi, soprannominato “Gelatina” (per il quale la Dda di Bari ha chiesto in abbreviato la condanna a 10 anni di reclusione). In una occasione all’imprenditore il pregiudicato avrebbe chiesto anche mille euro per due biglietti aerei per lui e per la moglie del fratello, il boss Savinuccio Parisi, per andare a trovare quest’ultimo in carcere a Biella. Stando al suo racconto, l’imprenditore sarebbe stato «obbligato» ad assumere un guardiano indicato dal clan e un fornitore di porte suggerito dal gruppo criminale, l’imprenditore di Santeramo Giuseppe Putignano (qui imputato per i reati di concorso in associazione mafiosa e illecita concorrenza con minaccia).
“Michele Parisi veniva sul cantiere quasi tutte le mattine – ha testimoniato l’imprenditore -. Una volta, tagliandomi la strada, mi costrinse ad accostare, scendere dal mezzo e seguirlo in una stradina per dirmi di accelerare l’assunzione del guardiano che lui mi aveva suggerito. Poi mi indicò una serie di ditte di fornitori fra le quali poter scegliere. Non eravamo completamente liberi di scegliere fornitori diversi da quelli indicati da Michele Parisi e allora decidemmo di accontentarlo su un’azienda, quella delle porte”. Le minacce e le richieste sarebbero proseguite anche su altri cantieri, con modalità sempre più violente. “Decidemmo di allontanarci da Japigia – ha spiegato l’imprenditore – ma Parisi mi disse che mi sarebbe venuto a trovare. Quando gli dissi che avrei denunciato, mi rispose che lui si sarebbe fatto 15 anni di galera ma io avrei pagato, avrei avuto i suoi alle costole durante tutta la sua detenzione”.