Nella sua cameretta aveva appesa al muro la maglia originale di Maradona, il suo idolo calcistico. La sera del 29 ottobre del 2006 si fece una doccia, lasciò l’accappatoio sul letto e uscì di casa. Quell’accappatoio umido è rimasto lì, Giovanni Montani, 18enne calciatore del Bari Primavera con un cognome pesante sulle spalle, non tornò più dalla sua mamma: un commando crivellò di colpi la sua auto, 9 proiettili bucarono la Nissan Micra rossa mentre percorreva una rotatoria tra le vie del quartiere San Paolo. A sparare almeno due persone, probabilmente a bordo di una moto. Per la promessa del calcio barese non ci fu scampo.
Un omicidio che a distanza di 11 anni non ha trovato colpevoli e che rischia di non trovarli più: Giovanni era nipote del boss Andrea Montani, alias Malagnac, suo padre era morto da poco e viveva con la mamma e la sorellina più piccola. Il calcio era diventato la sua ancora di salvataggio, grazie al calcio aveva intrapreso una strada che lo teneva lontano dagli ambienti malavitosi del quartiere. Quegli ambienti che, probabilmente, nutrivano invidia nei confronti di un giovane talentuoso che ce la stava facendo. La Procura di Bari e la polizia arrestarono due persone, ma i due imputati furono assolti.
Secondo la tesi accusatoria, che non ha retto in tribunale, il calciatore sarebbe stato ucciso per una vendetta familiare da uomini del clan Montani per aver abbandonato, qualche mese prima, il cugino Salvatore Montani, figlio di Andrea Montani, ucciso con alcuni colpi di pistola sparati da un commerciante che non voleva sottomettersi ad una richiesta estorsiva per la vendita di un cagnolino. In sostanza, a Giovanni non sarebbe stato perdonato di non aver aiutato Salvatore, rimasto ferito e agonizzante sull’asfalto. Sangue lava sangue, è questa la legge della criminalità: così, a soli 18 anni Giovanni ha pagato colpe non sue.