Un’impresa impossibile vendere le azioni della Banca Popolare di Bari, finita nella tempesta dopo l’apertura di una doppia inchiesta da parte della Procura barese. I 70mila soci-azionisti stanno avendo non poche difficoltà a sbarazzarsi dei titoli. Come ha spiegato Carmelo Catalano, in un’analisi su Finanza Report (riportata da WallstreetItalia): “Il problema dell’impossibilità di vendere le azioni è scoppiato in maniera dirompente in seguito alla prima svalutazione del titolo, intervenuta nell’aprile 2016, con la quale il valore dell’azione è stato portato da € 9,53 a € 7,50. Valori notevolmente superiori al presumibile valore economico dell’azione. Se l’intenzione era quella di assicurare liquidità al titolo in maniera da consentire agli azionisti di liquidare in tempi ragionevoli l’investimento, allora era chiaro che l’obiettivo non era raggiungibile quotando l’azione sul mercato Hi Mtf. Se, invece, l’obiettivo era quello di tirare un calcio al barattolo cercando di procrastinare il problema, allora l’obiettivo è stato centrato in pieno, o quasi”.
All’ultima asta, tenuta il 15 settembre scorso, sono state scambiate appena 300 azioni per un controvalore di 1.980 euro.
Sulla questione è intervenuto anche l’avvocato Antonio Pinto (Confconsumatori), componente del Comitato per la tutela degli azionisti della Bpb. “C’è una pronuncia dell’Arbitro per le controversie finanziarie presso la Consob che risale a martedì 19 settembre. Il collegio arbitrale – spiega – ha dato ragione a un risparmiatore e ha sciolto il suo contratto di acquisto di azioni stipulato con una Popolare veneta affermando che la mera messa a disposizione del cliente di un prospetto informativo non è sufficiente a soddisfare gli obblighi di informazione imposti all’intermediario. La banca deve servire al meglio l’interesse del singolo cliente. Questa può essere un’arma per chi vuole i propri soldi indietro”.
Nelle settimane scorse, la Procura di Bari ha ottenuto una proroga di un’inchiesta condotta dal procuratore aggiunto Roberto Rossi che vede indagati i vertici della Banca Popolare di Bari (BpB) per episodi che risalgono al periodo 2013-2016 quando la BpB acquistò la Cassa risparmio di Teramo. L’avviso di proroga è stato notificato a sei indagati: il responsabile della linea contabilità e bilancio della popolare Elia Circelli, il dirigente dell’ufficio rischi Antonio Zullo, il presidente Marco Jacobini, l’allora direttore generale Vincenzo De Bustis, ex amministratore delegato di Mps e Deutsche Bank Italia, i due figli di Jacobini, Gianluca e Luigi.
Le ipotesi di reato, contestate a vario titolo, sono di associazione per delinquere, truffa, ostacolo all’ attività della Banca d’Italia e false dichiarazioni nel prospetto informativo depositato alla Consob. A carico di Marco Jacobini e dei suoi due figli si ipotizzano anche i reati di concorso in maltrattamenti ed estorsione. De Bustis, invece, è accusato solo di maltrattamenti. La vicenda all’attenzione dei pm riguarda presunte irregolarità nascoste nei bilanci dell’istituto di credito svelate ai magistrati da un funzionario incaricato di mettere a posto le carte nell’ufficio rischi. Il dipendente avrebbe evidenziato ai vertici della banca le irregolarità emerse durante la sua attività, ma queste sue segnalazioni non sarebbero state gradite dai vertici della banca, al punto che il funzionario sarebbe stato mobbizzato e licenziato.
Sulla Banca popolare di Bari la Procura ha in corso un’altra indagine che riguarda criteri e metodi con cui la BpB ha gestito gli ordini di vendita delle azioni da parte di alcuni soci prima che queste venissero deprezzate. In particolare, ritiene la Procura, per agevolare alcuni grossi azionisti, gli ordini di vendita dei titoli sarebbero stati inseriti manualmente senza rispettare l’ordine cronologico e violando così il principio della parità di trattamento dei soci, a danno dei piccoli azionisti. Una delle contestazioni mosse in questa indagine riguarda la vendita, prima che venissero deprezzate, di alcune azioni detenute da importanti imprenditori.