Indagini preliminari all’interno dei nuclei familiari per conoscere il rischio di sviluppo di patologie tumorali imputabili a una predisposizione ereditaria. Lo studio è stato attuato dal laboratorio di diagnostica molecolare e farmacogenetica dell’Istituto tumori di Bari.
Da una collaborazione fra Irccs “Giovanni Paolo II” e l’Irccs Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo (FG) è nata l’idea del convegno dal titolo “Il ruolo della genetica in oncologia: patologie ereditarie e non solo” in programma domani, a partire dalle 14, nella sala conferenze di via Orazio Flacco. L’incontro, organizzato con il coinvolgimento dei medici di medicina generale, ha lo scopo di evidenziare l’importanza e il ruolo della genetica in campo oncologico, sia in ambito diagnostico che di ricerca, focalizzando l’attenzione delle tematiche trattate su alcuni tra i tumori più diffusi. Il programma è rivolto a un’ampia platea di uditori, dai professionisti e operatori del settore (medici di medicina generale, medici genetisti, oncologi, biologi, infermieri) ai pazienti, ai loro familiari, ai “non addetti ai lavori”.
Nel dettaglio, gli studi di una o più alterazioni dei geni sono alla base della medicina di precisione; per questo è possibile eseguire terapie personalizzate in base al profilo molecolare del tumore. Da anni l’Istituto di ricerca guidato dal Direttore Generale Antonio Delvino sta lavorando nell’ottica di una oncologia personalizzata, anche tramite l’uso di nanoparticelle, indirizzando i percorsi diagnostici, la frequenza con cui sottoporre i pazienti ai controlli e l’efficacia predittiva delle terapie. Inoltre, l’utilizzo della biopsia liquida (un semplice prelievo di sangue venoso sul quale possono essere eseguite analisi molecolari quando non è possibile disporre di tessuto tumorale) rende concreta la possibilità di monitorare, con approcci non invasivi, la risposta dei pazienti, in maniera precisa e compatibile economicamente con il sistema sanitario.
«Parlare di “medicina di precisione” e di “terapie personalizzate” significa sapere se c’è una specifica alterazione genetica (es. BRAF nel melanoma o EGFR nel carcinoma polmonare) o un profilo genetico che possa permettere all’oncologo di impostare terapie a bersaglio molecolare- spiega la dottoressa Stefania Tommasi, dirigente medico presso il Laboratorio di diagnostica molecolare e farmacogenetica del “Giovanni Paolo II”- L’approccio molecolare permette anche di monitorare la risposta alla terapia utilizzando la “biopsia liquida”, un prelievo di sangue in cui è possibile, con opportuni accorgimenti, analizzare alterazioni molecolari utili per un eventuale cambio di terapia». Lo sviluppo di questo progetto si inserisce nel quadro delle sfide verso cui è proiettato l’Oncologico barese. «Questo è proprio alla base di una nuova impostazione per i trials clinici – conclude il direttore scientifico Nicola Silvestris – in cui è possibile costruire un percorso personalizzato capace di interpretare la dinamicità della storia naturale della malattia oncologica».