Il contratto di lavoro sportivo ricalca alcuni elementi tipici del contratto di lavoro ordinario. Ne consegue che anch’esso è tipico, bilaterale, a titolo oneroso e sinallagmatico, ovvero al momento della stipula del contratto, in capo a entrambe le parti, sorgono diritti e doveri che rendono il rapporto a prestazioni corrispettive.
Partendo da questa premessa di carattere generale, si può affermare che il contratto di lavoro sportivo si pone, rispetto all’ordinario, in un rapporto di specialità. Oltre quanto appena enunciato, il contratto di lavoro sportivo è caratterizzato dai requisiti di professionalità, esclusività, fedeltà, vincolo di subordinazione e ha delle particolarità su cui è doveroso soffermarsi. L’atleta – lavoratore è un soggetto singolo che effettua la sua prestazione individualmente. Lo stesso non può essere sostituito con altro atleta in maniera “perfetta”, anche qualora professionalità, capacità tecniche e tattiche siano di pari livello. Ne consegue che il contratto di lavoro sportivo è caratterizzato da infungibilità e insostituibilità. Nella prestazione oggetto del citato accordo, inoltre, è insita un’alea insuperabile, connaturata allo sport stesso che fa sì che il risultato della prestazione dipenda da eterogenei fattori non necessariamente collegati, collegabili all’atleta stesso o da questo controllabili. La prestazione sportiva è caratterizzata da una serie di fattori: fisici, tecnici, mentali, emozionali. Dal punto di vista delle sue implicazioni giuridiche, che maggiormente interessano in questa rubrica, la stessa prestazione diventa oggetto di obbligazione derivante dall’accordo/contratto tra atleta e società. Vediamo infatti che, l’atleta è obbligato a comportarsi secondo quanto disposto per il “buon padre di famiglia” ex art. 1176, comma 2, c.c., mettendo a disposizione della società un bagaglio di risorse relative alle proprie capacità agonistiche, che devono essere espresse al massimo, uno stile di vita sano e una serie di elementi soggettivi, volti ad esprimere la sua unicità nel mondo del lavoro. Il dovere di diligenza e obbedienza posto in capo agli atleti è connesso allo sport praticato e tiene conto delle istruzioni e prescrizioni ad esso collegabili. Ne consegue che la società può ingerirsi nello stile di vita dell’atleta, può imporgli di indossare un determinato abbigliamento e di mantenere determinati comportamenti nei rapporti con la stampa e con gli altri mezzi di comunicazione.
Al dovere dello sportivo di osservare le prescrizioni ricevute corrisponde l’obbligo del datore di lavoro di corrispondere la retribuzione e garantire e tutelare le condizioni di lavoro. In base all’art. 2087 c.c., infatti, «l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro». Tra gli oneri posti in capo al datore di lavoro sportivo, c’è quello di organizzare la preparazione precampionato, ovvero un periodo in cui si deve creare una “base” non solo fisica ma anche tecnico-tattica sulla quale lavorare l’intera stagione successiva.
Il club deve farsi carico di scegliere tempi e luoghi per svolgere l’attività nel migliore dei modi, garantendo la fruizione funzionale agli scopi e alle necessità della squadra e dei tecnici. Ne consegue, pertanto, che la società deve garantire la realizzazione degli allenamenti e della preparazione atletica, anche se il prestatore non ha il diritto alla partecipazione effettiva alle gare che spetta all’insindacabile giudizio dei tecnici. A tal proposito vediamo che l’articolo 10 dell’Accordo Collettivo, titolato “Preparazione precampionato ed allenamenti” , prevede che «La Società si impegna a curare la migliore efficienza sportiva del Calciatore, fornendo attrezzature idonee alla preparazione atletica e mettendo a disposizione un ambiente consono alla sua dignità professionale». E specifica, altresì che, «in ogni caso, il Calciatore ha diritto a partecipare agli allenamenti e alla preparazione precampionato con la prima squadra, salvo il disposto di cui all’art. 15, del presente Accordo». Quest’ultimo articolo, infatti, si occupa dei provvedimenti disciplinari statuendo che «Al Calciatore che sia venuto meno ai suoi obblighi contrattuali verso la Società, sono applicabili i seguenti provvedimenti, graduati in relazione alla gravità dell’infrazione: ammonizione scritta; multa; riduzione dei compensi; esclusione temporanea dagli allenamenti o dalla preparazione precampionato con la prima squadra e risoluzione del contratto». L’onere posto a carico del club è confermato dalla previsione dell’art. 12 dell’Accordo Collettivo, il quale disciplina l’ipotesi in cui la società non provveda a convocare con la prima squadra il calciatore titolare di un contratto per lo svolgimento della preparazione precampionato o degli allenamenti. Il calciatore, per una corretta tutela dei propri diritti, (sanciti dall’art. 7 dell’Accordo Collettivo), può fare richiesta agli organi competenti e chiedere il la reintegrazione, la declaratoria di risoluzione del o un risarcimento del danno, in misura non inferiore al 20% del compenso lordo annuo.
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