Si è fatto un gran parlare, in particolare a seguito della “affaire” Briatore e il suo Millionaire Salento, e dopo i rumors sulla vacanza della famiglia Trump nelle prossime settimane, della Puglia e della sua crescente capacità di attrarre turismo. Ma allo stesso tempo con un contorno di critiche circa il dualismo tra turismo elitario e turismo di massa, come se le due scuole di pensiero dovessero indirizzare gli sviluppi futuri di questo importante settore della nostra regione.
Ma quale è le reale situazione del turismo pugliese e le sue prospettive in termini di business per questa e le prossime stagioni estive? E perché tante polemiche e contrapposizioni tra “scuole di pensiero”?
Innanzitutto i dati: da ormai 10 anni la Puglia è in testa alla classifica italiana dell’aumento delle presenze stanziali estive (tradotto: ogni anno dal 2005 i turisti che decidono di passare almeno una notte in una struttura pugliese sono di più dell’anno precedente in una percentuale di crescita superiore a qualsiasi regione italiana). E ancora, il Pil, cioè la ricchezza prodotta dal settore (posti di lavoro, ordini industria, ecc) è in costante ascesa con distacchi importanti rispetto al resto del mezzogiorno (dal 5 al 10% a seconda degli anni, a fronte di un 1-4% delle altre regioni). Solo la Sicilia (molto più dotata però di servizi di voli charter e di linea dall’estero) può competere nel sud Italia. Il dato diventa ancora più eclatante se si analizzano le presenze di italiani. La Puglia è ormai costantemente al primo posto per distacco sulle scelte dei connazionali che decidono di effettuare vacanze in Italia nel periodo luglio settembre.
E allora perché tante polemiche sulla falsariga del “non volete fare turismo” pronunciato da Flavio Briatore, il quale ha rinunciato ad investire nella sua struttura otrantina?
Sorvolando sulla singola questione, che ha anche implicazioni legali e giudiziarie, c’è un concetto di base su cui focalizzarsi: il turismo che muove più risorse economiche e che dimostra di avere i trend più positivi, è quello dell’ “all inclusive di lato livello”. I nuovi mercati (Cina, Medio Oriente, Russia) ma anche i classici Germania e Nord America, richiedono sempre più servizi integrati ed elitari. Inoltre questo tipo di turismo, per regole di economia di scala, produce più margini per gli operatori. La Puglia invece, pare aver scelto una strada di turismo meno elitario e più diffuso. L’esplosione di BeB, case-vacanze, microstrutture gestite da privati non specializzati ecc. Ma anche le varie normative regionali e territoriali che hanno sistematicamente preferito piccole strutture a mega resort e lottizzazioni di larga scala. Questa scelta di fondo, cozza con la visione dei grandi imprenditori del settore, con le multinazionali dei villaggi turistici o del turismo crocieristico.
Se un territorio sceglie la seconda opzione, quella del micro turismo diffuso, vera miniera d’oro per attirare famiglie e turismo domestico, rischia di tagliar fuori fette di mercato probabilmente più esigue ed elitarie (quello accaduto col caso Briatore) e soprattutto di avere un numero enorme di affluenze a scarso valore aggiunto in termini di margini. Il piccolo appartamento affittato sicuramente crea meno margini rispetto alla struttura con Spa e campo da Golf. Ma attenzione, non è meglio o peggio, quanto una scelta di modello.
La prima opzione infatti, probabilmente standardizza l’offerta in una maniera eccessiva nei confronti del tessuto sociale e spesso del territorio stesso in termini ambientali e culturali.
La strada migliore, probabilmente, è quella di puntare su un compromesso tra i due modelli di sviluppo, attraverso una parola chiave che è ancora il “Tallone d’Achille” della regione Puglia: la destagionalizzazione.
Si può infatti partire dal presupposto che la Puglia ha 300 giorni di sole all’anno, mediamente. Una posizione invidiabile nel cuore dell’Europa e una offerta culturale praticamente ininterrotta.
Il turismo deve diventare annuale e non estivo; le iniziative “elitarie”, e i centri che mirano al turismo più “ricco” possono utilizzare apposite convenzioni con tour operator, compagnie aeree, per muoversi in questo senso. Ancora, il turismo è sempre più esperienziale, cioè legato ai singoli eventi ed esperienze che si vivono nei luoghi più diversi, prima ancora che la conformazione stessa dei luoghi. Per cui è opportuno puntare su turismo fieristico, sulla convegnistica, su eventi estemporanei o comunque non legati necessariamente al mare ed alla bella stagione.
Con queste strategie si possono coniugare le due strade: ovvero un aumento del turismo “di massa” e aperto anche al mordi e fuggi di famiglie, giovani, studenti, turisti autonomi. Ed una parallela e diversificata crescita di offerte e strutture che puntano ad un turismo più selezionato e con maggiore valore aggiunto, che si realizzano anche con capitali stranieri o di personaggi alla Briatore, e con partnership internazionali Così facendo la Puglia potrà rispondere sempre più a quell’appellativo di “California di Italia” che si è iniziato a diffondere dalla fine degli anni ’90, o, più semplicemente, costruire una offerta turistica integrata come dagli anni ’80 hanno saputo fare lungimiranti regioni quali l’Emilia Romagna o l’Andalusia e la Spagna Meridionale. Nel frattempo, godiamoci un’altra estate da record, puntando a inserire ogni giorno un tassello in più ad un mosaico già molto soddisfacente e colorato.
La Puglia e l’estate: binomio di opportunità, business e fenomeni sociali
Pubblicato da: redazione | Mar, 4 Luglio 2017 - 10:45
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