Fate conto di passeggiare in una delle Piazze d’Italia di Giorgio De Chirico e incappare, durante il tragitto, in un bar molto particolare. Lasciatevi alle spalle l’ectoplasma di Edvard Munch, che fugge via urlando (dando una nuova, interessante, chiave di lettura al misterioso dipinto), e varcate la soglia che vi si para davanti, dalla traballante insegna al neon. Così inizia la breve avventura del protagonista di Kunstbar, il cortometraggio animato del 2002, realizzato dal collettivo canadese The Petrie Lounge, composto da Steve “Whitey” Whitehouse, Chris “Bucket” LaBronte, Denis “Tat” Gonzales, John “Half” Halfpenny e Paul “Sticky” Teglas.
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Il protagonista, dalla pelle gialla e gli occhi spiritati, sembra perfettamente a suo agio sugli gabelli del Bar dell’Arte (Kunst in tedesco significa, appunto, “arte”), probabilmente inconsapevole degli effetti collaterali dei drink che vi vengono serviti. La scelta è immediata ed entusiasta: il nostro personaggio ha scelto il cocktail “Pollock”, che gli sarà servito in un perfetto stile espressionista astratto. Da questo primo gustosissimo espediente, l’omino giallo sarà trascinato in un vortice di citazionismo, che andrà a toccare i capisaldi dell’arte di tutti i tempi.
C’è chi sorseggia un Van Gogh, condividendo con l’ispiratore del drink anche l’iconica mutilazione auricolare, e c’è – a pochi tavoli di distanza – il nudo blu di Matisse, che in quella sua posa un po’ plastica, un po’ geometrica, si accascia sulla sedia mentre sorseggia una bevanda del suo stesso colore. Troveremo, infine, le Demoiselles D’Avignon di Pablo Picasso – primo esperimento del pittore spagnolo dell’applicazione degli standard africani al cubismo – in quella che sembra una serata tra ragazze, mentre condividono alcol, pettegolezzi e risate sedute al bancone del bar.
Dopo una rapida panoramica sui frequentatori del Kunstbar, l’attenzione ritorna sul protagonista, e sugli strepitosi effetti delle sue degustazioni. Quello che all’apparenza è un semplice bicchiere d’acqua lo trasformerà nel violinista caprino di Chagall, proiettandolo nel firmamento per incontrare la sua sposa fluttuante, secondo la poetica ricorrente dell’artista bielorusso. Tornato con i piedi – o, meglio, gli zoccoli – per terra, l’uomo-capra blu sarà carpito dalla bionda e procace signora dall’eco espressionista, ripresa dal quadro del 1919 “Beauty, Thee Will I Praise” di Georg Grosz.
Dopo una pausa psichedelica in cui il personaggio si tuffa nell’arte dei nativi americani, accompagnato dal Pensatore di Rodin e da un bellissimo nudo di Modigliani, si decide ad assaggiare un’altra bevanda, questa volta servita in un calice borchiato, in stile Cinquecentesco. Reduce da esperienze mistiche e fuori dall’ordinario, il nostro beniamino si ritrova ad affrontare mostri e visioni del maestoso Hieronymus Bosch, che lo trascina nel suo Eden popolato da creature infernali. Divorato ed espulso da una di queste, il protagonista ritorna al suo posto davanti al bancone del Bar, dove dovrà fare i conti col Rinascimento italiano (quale omaggio all’arte potrebbe mai trascurarlo?) e col suo più alto rappresentante: Leonardo Da Vinci.
Kunstbar è un cortometraggio assolutamente memorabile, frutto di una profonda e sincera ammirazione per la pittura e la sua storia. L’animazione interagisce con la fissità del quadro dando vita a nuove interpretazioni dell’arte, agevolate da un esploratore che non teme di addentrarsi neanche nelle trame più angoscianti e sinistre. Stupisce, ancora una volta, l’assoluta attualità dei artisti nati ormai secoli fa e della loro mente prolifica e libera, diventata talmente importante nel patrimonio dell’umanità tutta da risultare familiare e riconoscibile. Assistiamo, dunque, all’ennesimo fenomeno della natura miracolosa della vera arte: rendere ordinario lo straordinario, avvicinare l’uomo al sublime e realizzare in terra ciò che di più meraviglioso nasce nella mente e nello spirito.