Dopo gli ospedali, ora tocca ai laboratori d’analisi pubblici e privati. La giunta regionale ha dato il via libera alla nuova organizzazione, che è una fotocopia di quanto avverrà a livello ospedaliero secondo il piano di riordino.
In pratica, ci sarà laboratori hub che troveranno spazio negli ospedali di II livello – ad esempio il Fazzi di Lecce, il Perrino di Brindisi o il Policlinico di Bari – dove si concentrerà l’attività principale: gli esami più importanti e che necessitano di competenze maggiori e strumentazione più all’avanguardia verranno eseguiti solamente in questi centri. Gli altri laboratori, quelli presenti negli ospedali di base o di primo livello, avranno compiti diversi che potranno essere di semplice prelievo del sangue, ad esempio, oppure di analisi più comuni. Il numero dei centri resta immutato, ma nella sostanza le prestazioni si concentreranno su 8-9 laboratori di eccellenza, poco più di uno per provincia. Il governo guidato da Michele Emiliano ha fissato per il 31 dicembre 2018 la data ultima per dare piena attuazione a questo processo di riorganizzazione che permetterà di razionalizzare le risorse.
L’obiettivo finale è quello di creare una rete di servizi di medicina di laboratorio. Dal punto di vista logistico la nuova rete sarà strutturata con un laboratorio di riferimento con settori specialistici, ospitato all’interno dell’ospedale hub, dotato di strumentazione innovativa e capace di realizzare almeno due milioni di analisi l’anno. La rete, poi, si svilupperà nei laboratori più piccoli e decentrati attivi, negli altri presidi ospedalieri. Il nuovo modello delineato dalla Regione Puglia segue il piano di riordino ospedaliero ed è voluto dal ministero della Salute (La Puglia è una delle ultime regioni italiane ad adeguarsi).
Parallelamente, anche i laboratori privati dovranno adeguarsi alle nuove regole: entro il dicembre del 2018, per continuare ad esistere, dovranno garantire almeno 200mila prestazioni all’anno. Delle 240 strutture regionali pochissime raggiungono questo limite, solamente una fetta che oscilla dal 2 al 5%: secondo i dati degli ultimi anni, infatti, 123 centri non arrivano alle 50mila prestazioni annuali, altri 110 si fermano sotto 100mila e solo 8 laboratori sfiorano la soglia delle 200mila prestazioni. Quindi, ad oggi dei 240 centri attivi 232 sarebbero destinati alla chiusura.