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Bari, apre il nuovo centro per il rimpatrio dei migranti: sostituirà il Cie, chiuso dopo un incendio

Pubblicato da: redazione | Gio, 25 Maggio 2017 - 16:00
Bari Cara Migranti

Entro l’autunno a Pale­­se aprirà il primo dei nuovi Cpr, i centri permanenti per il rimpatrio, che andranno a sostituire i Cie. A Bari ci saranno 126 posti: i lavori di ristrutturazione dell’ala dell’ex Cie incendiata, sono terminati. Adesso la Prefettura dovrà emanare il bando per l’affidamento della struttura in gestione.

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A comunicare la prossima apertura questa mattina Gerarda Pantalone, ca­po del Dipartimento Libertà civili e Im­migrazione, nel cor­­so di un’audizione davanti alla Commissi­­one migranti.

Al cpr di Bari, che accoglierà tutti i migranti che non hanno i requisiti per rimanere in Ita­lia e dovranno torna­re nel loro Paese, ne seguiranno altri dieci in tutta Italia, per un totale di 1100 posti. Cinque al Sud: oltre a Bari ci sa­ranno Caltanise­tta in Sicilia, Pote­nza, Morma­nno in Calabria, e a Santa Maria Capua Vetere in Campania. Nel resto di Italia nuovi cpr (voluti dal decreto legge Minniti Orlando) saranno aperti a  Roma, Torino, in Friuli ne­­ll’attuale centro di Gradisca di Isonzo, ad Iglesias in Sardegna, a Modena in Emil­ia Romagna e  a Montichiari, in provincia di Bre­scia.

Resteranno in funzione, in alcune regioni, i vecchi Cie, sempre con il nome Cpr: è il caso di Brindisi.

La denuncia dei Cinque Stelle

“A differenza da quanto annunciato dal Ministro Minniti che aveva garantito che in ogni regione sarebbe stato presente al massimo un Centro per i rimpatri – denuncia il deputato M5S pugliese Giuseppe Brescia, vicepresidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sui centri di accoglienza – la Puglia sarà l’unica regione ad averne addirittura due (a Bari e Brindisi dove il centro è già attivo). Ribadiamo la nostra assoluta contrarietà all’istituzione di questi centri che, oltre ad essere strumenti assolutamente inadeguati e inefficaci, sono luoghi nei quali i diritti umani vengono quotidianamente lesi. I rimpatri infatti, troppo difficili e costosi, non vengono eseguiti e così i migranti, dopo qualche mese, vengono rilasciati sul territorio come “irregolari”. La diretta conseguenza è inevitabile dal momento che queste persone non avendo le carte in regola per poter ricercare un lavoro sono costrette a rivolgersi, o ad accettare le “offerte”, dell’unica azienda in grado di promettergli un sostentamento: la malavita. E così, nella maggior parte dei casi, finiscono nelle maglie dei caporali, continuando ad alimentare la piaga dello sfruttamento dei lavoratori nei campi. Questo è il sistema studiato da questo Governo di incapaci”.

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