Entro l’autunno a Palese aprirà il primo dei nuovi Cpr, i centri permanenti per il rimpatrio, che andranno a sostituire i Cie. A Bari ci saranno 126 posti: i lavori di ristrutturazione dell’ala dell’ex Cie incendiata, sono terminati. Adesso la Prefettura dovrà emanare il bando per l’affidamento della struttura in gestione.
A comunicare la prossima apertura questa mattina Gerarda Pantalone, capo del Dipartimento Libertà civili e Immigrazione, nel corso di un’audizione davanti alla Commissione migranti.
Al cpr di Bari, che accoglierà tutti i migranti che non hanno i requisiti per rimanere in Italia e dovranno tornare nel loro Paese, ne seguiranno altri dieci in tutta Italia, per un totale di 1100 posti. Cinque al Sud: oltre a Bari ci saranno Caltanisetta in Sicilia, Potenza, Mormanno in Calabria, e a Santa Maria Capua Vetere in Campania. Nel resto di Italia nuovi cpr (voluti dal decreto legge Minniti Orlando) saranno aperti a Roma, Torino, in Friuli nell’attuale centro di Gradisca di Isonzo, ad Iglesias in Sardegna, a Modena in Emilia Romagna e a Montichiari, in provincia di Brescia.
Resteranno in funzione, in alcune regioni, i vecchi Cie, sempre con il nome Cpr: è il caso di Brindisi.
La denuncia dei Cinque Stelle
“A differenza da quanto annunciato dal Ministro Minniti che aveva garantito che in ogni regione sarebbe stato presente al massimo un Centro per i rimpatri – denuncia il deputato M5S pugliese Giuseppe Brescia, vicepresidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sui centri di accoglienza – la Puglia sarà l’unica regione ad averne addirittura due (a Bari e Brindisi dove il centro è già attivo). Ribadiamo la nostra assoluta contrarietà all’istituzione di questi centri che, oltre ad essere strumenti assolutamente inadeguati e inefficaci, sono luoghi nei quali i diritti umani vengono quotidianamente lesi. I rimpatri infatti, troppo difficili e costosi, non vengono eseguiti e così i migranti, dopo qualche mese, vengono rilasciati sul territorio come “irregolari”. La diretta conseguenza è inevitabile dal momento che queste persone non avendo le carte in regola per poter ricercare un lavoro sono costrette a rivolgersi, o ad accettare le “offerte”, dell’unica azienda in grado di promettergli un sostentamento: la malavita. E così, nella maggior parte dei casi, finiscono nelle maglie dei caporali, continuando ad alimentare la piaga dello sfruttamento dei lavoratori nei campi. Questo è il sistema studiato da questo Governo di incapaci”.