Un tempo c’erano i taccuini dei gran tour, in cui nobili e letterati nordeuropei redigevano il loro racconto di viaggi esotici, ispirati da immagini, aneddoti e caratteristiche. Oggi, che del sangue blu abbiamo un po’ perso le tracce, la loro eredità si è spostata su un altro tipo di personaggi pubblici. Dario Moccia, volto noto agli appassionati di fumetti che usano YouTube come canale privilegiato di aggiornamento e Tuono Pettinato – fumettista pisano, un’autorità del fumetto satirico italiano, rendono noto che sono in Giappone, per il loro personalissimo grand tour.
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Il cibo, le mascotte, la sessualità della società contemporanea giapponese saranno l’oggetto – insieme a tutto quello che i due autori raccoglieranno in questo viaggio – di un diario virtuale, la cui creazione è accuratamente documentata sui canali social di Moccia e sulla pagina del sito Fumettologica.
Tra Italia e Giappone, andata e ritorno
Il fascino dell’oriente farà sicuramente presa sulle giovani generazioni, cresciute nel mito del fumetto e dell’animazione, sin da quando – alla fine degli anni Sessanta – furono distribuiti i primi lungometraggi, come La leggenda del serpente bianco, Saiyuki e Jungle taitei, Andersen monogatari. All’inizio questi film erano proposti al mercato italiano come prodotti americani, destinati soprattutto a proiezioni mattutine per un pubblico infantile. L’invasione di cartoni animati giapponesi, però, è arrivata sopratutto alla fine degli anni Settanta, con prodotti di culto che hanno raggiunto in breve tempo un successo virale. Parliamo di titoli del calibro di Heidi, arrivato in Italia nel 1978 o dei sempreverdi Barbapapà (1976). Da allora, complice anche le scelte – un po’ monotone – delle reti televisive italiane, generazioni di bambini sono cresciuti in compagnia dell’animazione giapponese. Negli ultimi vent’anni circa, l’animazione per adulti è stata sdoganata anche nei palinsesti televisivi, incominciando sempre con una diffusione piuttosto di nicchia per poi sfociare nell’uso comune, incrementato anche della diffusione dello streaming, che slega lo spettatore dai programmi rigidi delle emittenti. Per quanto riguarda il manga, invece bisogna aspettare l’inizio degli anni Novanta, quando case editrici come Glénat e Granata Press hanno iniziato a importare nel mercato italiano titoli come Akira e Ken il guerriero. Facendo un passo indietro nel tempo, nel 1979 il primo manga in assoluto con cui è entrato in contatto il pubblico italiano è stato niente di meno che Il grande Mazinga, pubblicato – in una versione censurata – dall’editore Fabbri. Sempre di Fabbri, la distribuzione negli anni a venire del manga di Candy Candy e Lady Oscar. Negli anni, lo stile giapponese ha esercitato una forte influenza anche sui disegnatori nostrani, dando vita ad esperimenti di “manga all’italiana”, non sempre andati a buon fine. Tra gli esempi più fortunati, il manga della The Walt Disney Company Italia, W.I.T.C.H., (2001) talmente ben riuscito da essere importato a sua volta in Giappone.