Dove vanno a finire i rifiuti?
Spesso non ci pensiamo neppure, ma a seconda della composizione la plastica può essere fatta per durare: anche molto a lungo, molto più della vita di una persona. Da questa persistenza nell’ambiente derivano notevoli problemi di inquinamento, di varia natura.
Questo significa pure che l’oggetto in plastica, incautamente gettato a mare, può viaggiare anche a lungo e per migliaia di km.
Persino gli studiosi si sono però stupiti del ritrovare ben 37,7 milioni di rifiuti plastici presso l’isola corallina di Henderson, nell’Oceano Pacifico.
Henderson fa parte delle remotissime Isole Pitcairn, e dista almeno 5.000 km dai grandi insediamenti umani; è pure disabitata: viene visitata solo ogni 5-10 anni, ai soli fini di ricerca.
Quella che avrebbe dovuto essere un’isola deserta, incontaminata, ha invece offerto un’immagine desolante e scioccante agli studiosi. La sua collocazione l’ha evidentemente resa un punto focale dove si ammassano i rifiuti plastici delle città del Sud America e dei pescherecci. Sulla base dei campionamenti si è calcolato che più di 17 tonnellate di residui plastici si sono ammassate lì, e ogni giorno 3750 nuovi rifiuti arrivano sulle sue spiagge. E potrebbe essersi sottostimato il problema.
Forse la storia di Henderson potrà sembrare poco importante a qualcuno, ma non si tratta di un’isola qualunque: è uno dei pochi atolli al mondo a non essere stato toccato dalla presenza umana, e ospita piante e uccelli endemici dell’arcipelago. Per questi motivi (e altri ancora) nel 1988 è stata inserita nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’UNESCO.
La dott.ssa Jennifer Lavers, ricercatrice dell’Istituto per gli Studi Marini e Antartici (IMAS) dell’Università della Tasmania e autrice dello studio che ha riferito del problema, ha colto l’occasione per farne una riflessione più generale. La ricercatrice ha ricordato che ogni anno 300 tonnellate di plastica non vengono riciclate, ma sono in grado di galleggiare e durare nel tempo. Questo ha un impatto sugli oceani e per oltre 200 specie di animali che possono ingerirla o rimanere impigliati, o per i quali può costituire un ostacolo (ad esempio per le tartarughe sulle spiagge).
Le isole Pitcairn sono territori britannici d’oltremare, e sono note soprattutto per essere state il luogo dove ripararono gli ammutinati del Bounty con le loro mogli tahitiane: qui perì Fletcher Christian, il secondo ufficiale del vascello; della sua morte furono date diverse versioni contrastanti.
Le isole Pitcairn sono: Pitcairn, Henderson, Ducie, Sandy e Oeno; solo la prima è abitata. Prima della colonizzazione britannica videro la presenza polinesiana, tra il dodicesimo e il quindicesimo secolo.
Lo studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America, Exceptional and rapid accumulation of anthropogenic debris on one of the world’s most remote and pristine islands, è opera di Jennifer L. Lavers e Alexander L. Bond.
Comunicato dall’Università della Tasmania – IMAS (Institute for Marine & Antarctic Studies) qui.