Non credere ai fiori è il nuovo singolo del “Barone” VonDatty, e prelude al suo secondo album, Ninnenanne, in uscita il 5 maggio. Il nuovo disco segue l’album d’esordio Madrigali (2014) e l’EP Diavolerie (2012), e insieme formano la “Trilogia della notte“, essendo questo il tema principale di questi lavori fortemente autobiografici.
Foto di Ilaria Magliocchetti Lombi.
Che parte di VonDatty emerge da Non credere ai fiori?
Non credere ai fiori è un brano molto particolare, quantomeno per me e per l’immagine che ho sempre avuto di me e della mia musica. Negli ultimi anni mi sono trovato ad approfondire sempre di più determinati ascolti, ho un amore sconfinato per l’opera di Bob Dylan, da sempre, partendo da lì mi sono avvicinato sempre di più anche al country e alle sonorità americane. Lavorare a questo nuovo disco, farlo sempre a stretto contatto con un altro produttore (Fabio Martini), mi ha spinto ad andare oltre i miei solito canoni compositivi e nel brano c’è parecchia influenza di alcuni miei ascolti frequenti che non avevano ancora fatto capolino nelle mie canzoni prima d’ora.
Cosa deve VonDatty alla provincia dalla quale proviene?
Sono nato in provincia, ci sono cresciuto, ci vivo ancora. Sono un amante degli spazi piccoli, probabilmente se abitassi in città mi troverei a mio agio con la vita di quartiere, ma credo che nascere e crescere in una piccola città sia stato determinante per il mio songwriting. Le storie di provincia, la realtà, il contatto con le persone e le possibilità di esprimere la propria passione sono totalmente differenti da quelle che ci sono nei grandi centri. Io sono innamorato del luogo in cui sono nato e cresciuto (Tivoli), ho dei legami importanti, la mia famiglia, le mie amicizie, non riesco a scrivere di cose che non mi appartengono, quindi non posso negare di dover molto alla “mia” provincia.
Come è diventato “Barone”?
Nasce dai baffi, dal “Von” del nome d’arte (o di battaglia) e dalla stravaganza.
Ninnenanne sarà un disco che metterà al centro la notte
La notte è spesso indicata come “madre” dell’arte, forse per alcuni può rappresentare un luogo comune e forse lo è. Nel mio caso non solo è il momento della giornata in cui mi viene naturale far nascere le mie canzoni, ma anche la loro ambientazione ideale. Ninnenanne è totalmente ambientato di notte: dopo aver scelto l’ordine della tracklist, riascoltando una versione decisamente embrionale del lavoro, mi è sembrato potesse esser letto anche come un concept album che raccontasse un’intera notte, magari qualcuno ascoltandolo potrà avere anche questo spirito interpretativo…
In cosa Ninnenanne si differenzia dai lavori precedenti?
Stavolta non mi ero prefissato nulla, anzi, volevo che all’interno del “calderone” da cui poi sarebbe uscito fuori il disco ci fossero più idee possibili, il lavoro a seguire è stato quello di rendere ogni canzone degna di questo appellativo fin dalla prima versione chitarra e voce o pianoforte e voce. Lavorare con Fabio è stato sicuramente fondamentale, la mia gelosia nei confronti della canzoni difficilmente mi permette di condividere il lavoro con un’altra persona, due teste che lavorano ad un unico progetto portano sicuramente ad una “tavolozza di colori” più ampia e cercano di mettere ciascuno un po’ del proprio bagaglio. La cosa più bella di questo lavoro è che entrambi abbiamo lavorato solo ed esclusivamente per il bene delle canzoni. Perché le canzoni sono la cosa più importante.