Respinta, dopo 16 anni di battaglie in tribunale, la richiesta di risarcimento di 52 milioni di euro, promossa dalla Giem, proprietaria di parte dei suoli di Punta Perotti, nei confronti del Comune.
Storia del processo
Nel 2001, all’indomani della sentenza con la quale la Corte di Cassazione, pur assolvendo gli imputati (legali rappresentanti delle società Sudfondi, Mabar e Iema) da ogni reato agli stessi contestato, disponeva la confisca e l’acquisizione al patrimonio del Comune di Bari dei suoli abusivamente lottizzati, e dell’intero complesso di Punta Perotti, la società Giem s.r.l. citava in giudizio i signori Levi Montalcini, per aver venduto a loro un suolo di Punta Perotti, poi oggetto di confisca.
La società sosteneva che i Levi Montalcini avevano venduto il terreno come edificatorio, mentre era poi emerso che non corrispondeva al vero. Da qui è stato chiamato in causa il Comune di Bari dato che sul certificato di destinazione urbanistica rilasciato dall’amministrazione c’era la clausola dell’edificabilità.
Nel 2005, la Giem ha quindi citato il Comune, sostenendo di avere perso la proprietà del suolo per effetto della confisca a causa degli atti e dei provvedimenti posti in essere dall’amministrazione. Chiedendo un risarcimento di 52 milioni di euro.
L’amministrazione ha chiamato in causa in garanzia Ministero per i Beni culturali, la Regione Puglia e le società lottizzanti Sudfondi, Mabar e Iema, ai quali, ove ritenuta sussistente la responsabilità del Comune, erano comunque addebitabili i danni. Tutti i chiamati in causa si costituivano in giudizio, chiedendo il rigetto di ogni domanda proposta nei loro confronti. Quest’ultima causa veniva sospesa perché la Giem proponeva ricorso per regolamento di giurisdizione dinanzi alla Suprema Corte, la quale, con ordinanza del 2009, affermava la giurisdizione del giudice ordinario.
Successivamente, le due cause venivano riunite e riservate per la decisione, ma, per vari problemi (morte della senatrice Rita Levi Montalcini, revoca della confisca da parte della Cedu per i suoli Sudfondi, Mabar e Iema, nomina di nuovi giudicanti), venivano rimesse sul ruolo più volte, e, quindi, veniva disposta una consulenza tecnica d’ufficio, le cui risultanze erano fortemente contestate dalla società Giem
Oggi la terza sezione civile del tribunale di Bari ha respinto tutte le domande proposte da Giem, addebitandole per intero le spese della consulenza tecnica, e ha compensato le spese legali tra tutte le parti per la complessità delle questioni, il mutamento nel corso del giudizio della situazione dei suoli di Punta Perotti, e l’emanazione di provvedimenti giurisdizionali che hanno inciso sulla materia del contendere.
Il giudice si è quindi pronunciato in primo luogo sulla domanda proposta da Giem nei confronti dei venditori Levi Montalcini, respingendola, affermando che il bene oggetto della compravendita era edificabile, come attestato dal certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal Comune di Bari e allegato all’atto di compravendita, e lo stesso, come accertato dal consulente tecnico, è ancora oggi edificabile, pur essendo necessaria l’autorizzazione paesaggistica. Pertanto non ci sono i presupposti per una azione di risoluzione del contratto per inadempimento e neppure di nullità del contratto per impossibilità o illiceità dell’oggetto. Sulla domanda proposta nei confronti del Comune di Bari e dei suoi chiamati in causa, parimenti il giudice ha ritenuto l’infondatezza della richiesta.
La Giem sostanzialmente aveva fondato la sua domanda sulla perdita della proprietà del suolo per effetto della confisca e sulla perdita della possibilità di edificazione, qualità che aveva indotto la stessa società a comprare i suoli.
La situazione attuale
La Giem è tornata piena proprietaria dei suoli ed è per questo che non ha avuto riconosciuto il risarcimento del danno. Secondo il tribunale la società non ha mai posto in essere alcuna iniziativa concreta volta allo sfruttamento edilizio delle aree, e tanto neanche dopo la revoca della confisca; ma anche prima, tra il 1991 (data dell’acquisto) e il 1997 (data del sequestro), non ha avviato alcuna attività propedeutica alla edificazione, non sottoscrivendo alcuna convenzione di lottizzazione e disinteressandosi completamente per almeno 5 anni dello sfruttamento dei suoli.
Al Comune di Bari non possono essere imputati, pertanto, né i danni per la detenzione del bene durante la confisca, disposta dalla Cassazione in base alla normativa nazionale, né le conseguenze della totale inerzia della società, sia in ordine alla edificazione sia in ordine alla restituzione dei suoli dopo la sentenza della Cedu.
La stessa società è oggi proprietaria di una area che il consulente ha stimato di valore di oltre 12 milioni, più di quanto abbia pagato ai Montalcini (5 milioni) e, in ogni caso, non ha dimostrato in giudizio di avere perso migliori possibilità di sfruttamento e/o danni ulteriori.
Il giudice, quindi, ha condiviso le tesi difensive sostenute dalla Avvocatura comunale nel corso di questo lungo e complesso grado di giudizio.