Paolo Chieco nasce a Ruvo di Puglia nel 1987. Dopo aver vissuto i primi anni della sua infanzia in una campagna vicino Cassano, si trasferisce all’età di otto anni con la sua famiglia a Bari. Nel 2014, si laurea in giurisprudenza a Bari, per poi partire per un viaggio in Brasile. Qui, Paolo rimane per circa un anno e matura la decisione di aprire una propria attività in Europa. “Bari mi dava un senso di angoscia perché sentivo che mi avrebbe bloccato e non avevo prospettive interessanti per le quali valeva la pena rimanerci – ci racconta – certo, avevo una laurea in giurisprudenza ma io dalla vita volevo più avventura, più azione e sapevo che continuare su quella via non mi avrebbe dato tutto ciò”.
Da qualche mese, Paolo gestisce un chiosco di street food ad Amsterdam, “Mr. Poli”, dove prepara specialità italiane (e sopratutto pugliesi), molto apprezzate da turisti e dagli stessi olandesi. “Ho deciso di provare l’Olanda – spiega – perché alcuni amici vivevano qui e me ne parlavano da un po’ di tempo. Dopo un anno di pellegrinaggio in giro per il Brasile decidere di andare a vivere a soli duemila, tremila chilometri dalla tua città natale è una decisione che si prende con molta leggerezza, senza molta ansia o difficoltà”.
Com’è la sua vita in Olanda?
Dopo aver avviato questa attività di street food la mia vita è esclusivamente focalizzata su questo, lavoro dalle dieci alle dodici ore al giorno e quando finisco non ho molta forza per fare altro ma per adesso mi sta bene, sto investendo tutto il mio tempo su questo progetto. Questo inevitabilmente mi porta a sacrificare tante altre cose che questa città può offrire.
Che tipo di supporto dà lo stato olandese a un giovane imprenditore?
Innanzitutto un primo supporto a livello informativo: tutte le informazioni di cui hai bisogno per aprire un’attività sono accessibili online sul sito della camera di commercio e la burocrazia è abbastanza snella e veloce. Da un punto di vista economico ci sono delle agevolazioni fiscali e detrazioni per i nuovi imprenditori per i primi cinque anni di attività. Da un punto di vista più generale qui ho sentito per la prima volta la concretezza delle possibilità. In italia non avrei mai pensato di provare a buttarmi nel mondo imprenditoriale, troppe campane, troppe procedure e burocrazie. La differenza sostanziale tra qui e li è che qui ti sembra possibile, lì ti sembra una cosa troppo difficile.
Che accoglienza c’è per un italiano che decide di trasferirsi ad Amsterdam?
Qui l’italiano è generalmente ben visto, gli olandesi hanno una immagine romantica dell’Italia. Il buon cibo, i bei paesaggi, la musica e i tanti piccoli rituali del giorno di un italiano, il più banale dei quali è il caffè. Quindi in genere c’è una buona accoglienza, molti olandesi hanno visitato l’italia e ci tengono a farti sapere quelle poche parole che hanno imparato. Il lato che più li affascina credo sia il buon gusto degli italiani, dovuto a un palato fine che invece a loro manca.
Tutti i migranti sono trattati allo stesso modo?
Alcune altre nazionalità non sono viste allo stesso modo, in particolare quelle mediorientali. Pur in un clima di gran tolleranza, l’urbanizzazione ghettizza gli abitanti della città. Il sud è nero, l’ovest musulmano e sud-ovest ebreo. Ciò non significa che ci sia discriminazione, ma, a mio intimissimo parere, crea una stratificazione sociale che di certo è anche economica, ma, di base, razziale.
Cosa consiglieresti a chi vuole fare un’esperienza simile alla tua?
A chi vuole fare un’esperienza simile direi solo di buttarsi. Eventualmente, non c’è vergogna nella sconfitta. Viviamo in un mondo che va a rotoli, pieno di uomini e donne che corrono dietro falsi dei, gente a cui è stato detto cosa pensare e cosa fare, il cui libero arbitrio è stato inevitabilmente corrotto. Non vale la pena stare li a porsi troppi dubbi, a farsi troppe domande. Affrontare il tutto con leggerezza, che bada bene non significa superficialità.