E’ il 14 ottobre del 2015, la bracciante tarantina Paola Clemente è morta sotto i tendoni di una campagna di Andria da circa tre mesi, a Bari i sindacati organizzano una manifestazione contro il caporalato. Sono in corso anche le indagini della Procura di Trani e una collega di Clemente viene ascoltata dagli investigatori: “Oggi – fa mettere a verbale – era prevista una manifestazione a Bari contro il caporalato organizzata dal sindacato ma la cosa strana è che lunedì Gianpietro (Marinaro, uno degli arrestati, ndr) ha chiamato me ed altre per chiedere la disponibilità a lavorare proprio oggi. Credo che sia stata solo una scusa per vedere chi partecipava a questa manifestazione”.
I verbali d’interrogatorio
E’ quanto emerge da uno dei verbali di interrogatorio inseriti nell’ordinanza di custodia cautelare che, ieri, ha portato all’arresto di 6 persone – tra Bari e Taranto – accusate di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, il cosiddetto caporalato, e la truffa a danni dello Stato. Sotto accusa anche il responsabile di un’agenzia interinale di Noicattaro. Gli inquirenti durante l’inchiesta hanno ascoltato 40 donne, tutte braccianti sfruttate e sottopagate.
L’sms di una donna disperata per il mancato pagamento dello stipendio
Drammatico l’sms che un’altra operaia agricola invia ad uno dei presunti sfruttatori, messaggio intercettato da polizia e finanza: “Per favore te lo chiedo, devo mandare i bambini a scuola, già lavoro non ce n’è, poi dobbiamo aspettare”. La donna si lamenta per il mancato pagamento di alcuni stipendi. Molte delle donne reclutate per lavorare sono mogli di cassintegrati dell’Ilva di Taranto e, spesso, il loro lavoro di braccianti costituiva l’unico sostentamento per la famiglia. Era proprio lo stato di miseria e bisogno, secondo gli investigatori tranesi, a costringere quelle donne ad accettare di lavorare a meno di 30 euro al giorno, per ore sotto tendoni con una temperatura di 40 gradi. Una situazione che avrebbe alimentato un “contesto di omertà” che “portava le stesse braccianti – dice la Procura – a santificare i loro carnefici, al punto di ringraziarli del lavoro ottenuto”.
Gli interrogatori degli indagati
“Ci dicevano che se ci andava bene era così, altrimenti eravamo libere di andarcene”, spiega una bracciante. Intanto, alle 13, nel carcere di Trani, sono cominciati gli interrogatori di garanzia delle cinque persone finite in carcere: il responsabile dell’agenzia interinale per la quale lavorava Paola Clemente, Pietro Bello, di 52 anni, e i suoi due collaboratori-dipendenti, Oronzo Catacchio, di 47, e Gianpietro Marinaro, di 29; Ciro Grassi, di 43 anni, titolare dell’agenzia di trasporto, e Lucia Maria Marinaro, di 39 anni, moglie di Grassi e lavoratrice fittizia.