Blitz della Polizia di Stato di Bari, in collaborazione con la Guardia di Finanza, contro il capolarato in Puglia: sei persone sono finite in manette nell’ambito delle indagini per la morte della bracciante agricola Paola Clemente, avvenuta nelle campagne di Andria il 13 luglio del 2015.
Gli arrestati
L’inchiesta ha rivela la presenza di una forma evoluta di caporalato: per questo sono finiti in carcere 3 dipendenti dell’Agenzia di lavoro interinale di Noicattaro, il titolare della ditta addetta al trasporto delle braccianti agricole ed una donna che aveva il compito di “controllare” le lavoratrici sui campi, tutti residenti nel barese e nel tarantino. Agli arresti domiciliari, invece, la moglie del titolare della ditta di trasporto che, risultando falsamente presente nei campi quale bracciante agricola, percepiva indebiti contributi pubblici per la “disoccupazione agricola” e la “indennità di maternità e congedi”.
“I finanzieri ed i poliziotti hanno eseguito un sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente per l’importo di oltre € 55.000, quale valore complessivo dei contributi spettanti ai braccianti agricoli a seguito del sotto-pagamento nonché indebiti contributi percepiti dall’arrestata”.
I reati contestati
Agli indagati è stato contestato il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, aggravato e continuato – “caporalato” -, la truffa aggravata e la truffa ai danni dello Stato, reati per i quali rischiano fino ad un massimo di 8 anni di reclusione.
La relazione della commissione parlamentare sulle morti sul lavoro ricostruisce il caso della scomparsa tragica di Paola Clemente
“La signora Clemente è partita alle 3.10 circa del mattino, insieme con altre colleghe, per essere accompagnata sul posto di lavoro con il pullman di proprietà del signor Grassi Ciro. […] Clemente dunque raggiungeva il posto di lavoro intorno alle 5.30 dopo aver percorso un viaggio di circa 150 chilometri. Quella stessa mattina – come ricostruiscono alcune colleghe della signora – comincia a presentare, durante il viaggio una abbondantissima e anomala sudorazione […]”.
“Verso le 7.30 avverte un malore che costringe i presenti a un primo intervento, improvvisato da una collega che aveva qualche piccola competenza in materia di soccorso, ma di certo non incaricata dall’azienda di occuparsi del primo soccorso. All’arrivo di una prima ambulanza si constata l’insufficienza delle attrezzature e si attende l’arrivo di una seconda. Sicché si constaterà il decesso. Casualmente sul posto si trovava anche Grassi che, avvertito del malore, ancora prima di avvisare i suoi familiari, chiamava il signor Bello, direttore della agenzia della Inforgroup spa di Noicattaro, precedentemente impiegato presso la Quanta spa”.
La commissione mise sotto accusa le agenzie interinali nel mondo agricolo
La senatrice Camilla Fabbri, presidente della commissione, nelle seduta sul caso Clemente: ” “La dinamica dei fatti è caratterizzata dalle condizioni di lavoro in cui la lavoratrice, dopo un viaggio di circa due ore, sulla base di una sorveglianza sanitaria espressa probabilmente nel possesso di un certificato medico per la visita preventiva. Non emerge alcuna vera formazione, informazione, addestramento delle lavoratrici né una reale presenza di misure di protezione e di primo soccorso. Ma c’è una seconda responsabilità. E riguarda le agenzie interinali che in alcuni casi si sostituiscono ai vecchi caporali”.