C’è uno zombie che si aggira nei backstage, per portare via con sé rockstar giovani e indifese, allo sbando tra droghe, sesso e ansia del successo. Heavy Bone, nato dalla mente metallara del tarantino Enzo Rizzi, torna in fumetteria con una miniserie di cinque numeri. La novità di questa nuova stagione sta nella nascita parallela di una nuova etichetta, la Heavy Comics, che si occuperà di stampare e diffondere le avventure di Heavy Bone e del suo collega – di futura edizione – Zartana, lo stregone blues.
Nato nel 2009 per raccontare la storia del Metal, Heavy Bone ha continuato ad appestare il mondo della musica grazie alla mano di alcuni tra i migliori disegnatori italiani: per la prossima edizione, disponibile da aprile 2017, sono stati coinvolti Rafa Garres – già autore di Wolverine e il Punitore – Maurizio Rosenzweig, Alessio Fortunato, Pasquale Qualano, Stefano Cardoselli e i pugliesi Walter Trono, Emanuele Boccanfuso, Gian Franco De Francisco e Gero Grassi.
Brutto, sporco e cattivo
L’indisciplinato protagonista della serie, viaggia tra l’inferno sottoterra e quello del palcoscenico, schiavo di un patto col diavolo che lo ha trasformato in un Tristo mietitore specializzato in musicisti. Di tristo, tuttavia, il nostro zombie ha ben poco: tra un festino privato in compagnia di procaci groupies e una suonata con la sua chitarra “Heavy Bone” – fatta di carne e metallo, sputata direttamente dalle viscere dell’HellSound – il protagonista riesce a sopravvivere all’eternità. Nella raccolta stampata nel 2010 Heavy Bone, Diabolus in musica, oltre ad assistere alla genesi del mostro, si scopre la tragica fine del gemello di Elvis, vissuto al riparo dal mondo a causa della sua deformità, ora pronto a vendicare l’illustre Principe del Rock. I ripetuti tentativi di fermare Heavy Bone – specialmente da parte di un’allarmata assemblea di rockstar – non possono che fallire miseramente: il mostro è, in fondo, il rock stesso, con la sua anarchia, la sua irruenza e il suo degrado. Rizzi porta i lettori in un universo estremamente divertente, in cui mutilazioni, approcci erotici e icone musicali, non mancheranno di tenere alta l’attenzione. Un trash che piace, nella sua atmosfera anni ottanta – vi ricordate del cult Morte a 33 giri? – e un omaggio coerente all’olimpo dell’hardcore, le cui divinità – in effetti- se non defunte, si sono trasformate in simpaticissimi morti viventi.