Due Ape Car davanti al Comune, qualche bandiera e un cartello: “Carissimo sindaco aiutaci tu a vincere questa battaglia”. A lanciare l’allarme sono i raccoglitori di ferro di Bari, che non accettano la normativa dell’anno scorso che impone loro di aprire la partita Iva e di compilare dei formulari dei materiali raccolti, per pagare le tasse. A niente sono servite le ripetute proteste degli ultimi mesi, né la lettera di Decaro al ministro dell’Ambiente Galletti, inviata nel febbraio 2016, che chiedeva di modificare la norma.
“Stiamo protestando dall’inizio dell’anno – dichiarano alcuni di loro – perché non possiamo più scaricare il ferro. Il governo vuole che paghiamo le tasse, che ci facciamo la partita Iva, ma il ferro sta a dieci centesimi al chilo e ne incassiamo venti, massimo venticinque euro al giorno. Come facciamo a pagare le tasse?”
“Tra noi c’è gente anziana, ignorante – continuano – che non sa neanche leggere e scrivere, e ci chiedono i formulari? Vogliamo che il sindaco ci aiuti, perché non possiamo vivere così”. La situazione denunciata dai rigattieri è piuttosto critica, sono quindici giorni, infatti che la loro attività è bloccata, con ripercussioni sulle famiglie, di modesta estrazione sociale. “Dovrebbero ringraziarci perché puliamo la città – concludono – il nostro è un mestiere che è sempre esistito e che esisterà sempre. Se non possiamo più lavorare, che dobbiamo fare? Dobbiamo andare a rubare?”.