Natale a Bari come fenomeno di costume, tra tradizioni, gossip e glamour. Borderline24 ha intervistato la scrittrice e commentatrice di costume Petronilla, collaboratrice di programmi radio nazionali ed esperta di musica. Petronilla ha trascorso la vigilia con il commissario Lolita Lobosco, personaggio dei romanzi di Gabriella Genisi…
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Come è andato il natale Petronilla?
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“Comincerei dal 21 dicembre. C’era un solo untore sul Frecciarossa da Milano a Roma. Stava seduto di fronte a me al posto 14C della carrozza 4. Indossava un gessato grigio, perdeva sempre tutto – biglietto, cavi, soldi – leggeva un tomo di Michael Cunningham, credo, controllava e-mail suo Macbook, ha fatto un paio di soffiate di naso, due o tre telefonate in apnea e tanti auguri…di buona influenza. Il 22 ero già a letto, fazzoletti di carta in ogni dove, spray nasale e aerosol. Dovevo però mantenere la promessa con l’amica mia, il commissario Lolita. Nel menù del 24, a casa sua, mi toccavano le rape stufate e tre bottiglie da 75 CC di Leffe Blonde. Per cui, come John Belushi nelle vesti di Bluto in “Animal House”, mi sono ingozzata, non di panini ma di medicine. Ogni principio attivo era buono, tutto quello che ho trovato nei cassetti l’ho preso: paracetamolo, ibuprofene, nimesulide, beclometasone. Qualche preghierina a San Nicola, e non solo per la pronta guarigione, hanno fatto il resto. Il pomeriggio della Vigilia ero nella sua cucina, con la mascherina sulla bocca, a farcire e chiudere panzerotti. L’impasto con la zucca è stato ancora una volta un successone. E poi subito a tavola”.
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Solo a tavola. Con che menù?
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“Solo a tavola? Meglio che a letto, da sola con i gatti a casa mia. E poi che tavola quella del commissario: posate, sottopiatti e candelieri d’argento, bicchieri rossi, tovaglia panna con runner tartan, che faceva molto Scozia a Mola di Bari. Le ho chiesto subito se l’avesse fatto riciclando il pigiama regalato ai figli, due Natali fa. Mi ha guardato male, non capendo che era solo una battuta. Il menù per stare leggeri: un trionfo di crudo (cozze pelose, allievi, ostriche, noci) che secondo me con i panzerotti non c’azzeccava niente, ma lei ha detto che servivano a ‘sciacquare’ la bocca. Dopo il cocktail di gamberi, l’insalata di mare, il calzone di cipolla e tanti antipasti di terra, fra cui mozzarelle e prosciutto tagliato alla barese dal marito, che è sempre pronto quando si tratta di togliere la scorzetta ai formaggi e la pelle agli insaccati, anche se non glielo chiede nessuno, pure a casa degli altri. Panzerotti naturalmente, mozzarella e pomodoro e carne. E poi la mia birra belga in endovena direttamente, meglio del paracetamolo. Mi sono ripresa subito. Non mancava un’ottima selezione di vini, dalla Falanghina di Mastroberardino al rosè di Polvanera, e poi un panettone da 4 kg, che abbiamo mangiato accompagnato da una salsa nocciolata. Eravamo in otto, dieci di fatto, perché uno, di cui non faccio il nome, mangia per tre, ma non ingrassa. Beato lui. Dice che lui a tavola cura gli addominali”.
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E il dopocena? Messa a San Nicola o peccati nelle alcove o emozioni nelle bische?
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“Che io Petronilla mi chiamo. Non ho deciso però ancora se mi sono ispirata alla martire figlia di San Pietro o alla cacacazzi moglie di Arcimboldo, quella che sta sempre con il mattarello in mano. Propenderei più per la seconda. Ma in una versione più “sgalletatta”, come si dice a Bari. I miei sono peccati compulsivi, non di gola, e quasi mai la sera della Vigilia di Natale. La Messa a mezzanotte? Mai andata. Le bische? L’ultima in cui sono entrata era il Ceasar Palace di Las Vegas, nel 1989. Ero giovanissima e ho vinto un sacco di soldi a black jack.
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Il dopocena è stato sempre da Lolita, rilassata sul divano, il chester della Frau, un po’ tosto ma utile, perché è così ostile che impedisce al sonno di prendere il sopravvento. Nonostante la compagnia sia stata assai piacevole. La sua casa è un abbraccio sincero, i commensali sono sempre speciali. Come lei. E lo sono stati anche quest’anno. A modo nostro siamo una bellissima famiglia allargata. Si ride, si scherza, non si pensa a ciò che accade fuori ma al calore che ci si porta dentro, ogni giorno. Una vera e propria missione esistenziale”.
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Il Natale dei baresi, solo conformismo?
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“Non credo. Anzi credo che il barese a Natale dia il meglio di sé. Molta famiglia e molta tradizione. Diventa più sincero, più buono, ma solo il 24. Il giorno dopo torna a sentirsi meglio degli altri. Bari, basta la parola”.
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Arrivederci a Capodanno. Che fai sarai in qualche masserie/trullo?
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“Credo di nuovo a casa del commissario Lolita. Si sta così bene. Da lei si torna sempre bambini, da lei è Natale tutto l’anno. Poi per la Befana tutti da me. Per la lotteria del regalo riciclato. Risate a crepapelle. Ci verresti quest’anno?”.
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@waldganger2000