Jerry Braxter è un ex-berretto verde, reduce dalla guerra in Afghanistan, che si guadagna da vivere come sicario. Da sempre in intimo rapporto con la Morte, finisce per incontrarla e stipulare un accordo con lei: da quel momento l’assassino diventa un imbattibile emissario della Mietitrice, legato al mondo terreno da un passato doloroso.
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Edito dalla Tunué, L’ultimo sorso del morto di Davide Garota è un racconto surreale tinto da forti tonalità splatter, che mostra senza filtri la violenza e la sofferenza del suo protagonista. La storia ruota attorno alla figura antieroica di Jerry, che il lettore segue nel suo inesorabile precipitare verso l’inferno: il personaggio – ritrovandosi legato a doppio filo con la Morte – perde il privilegio della scelta e finisce per trasformarsi in un demone solitario, perdendo progressivamente anche quel briciolo di umanità rimastogli dopo la guerra.
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Il dramma dei veterani, reinseriti in un contesto civile senza gli strumenti psicologici e concreti per condurre una vita normale è qui esposto – tuttavia – senza pretese sociologiche, diventando un’espediente per un racconto di azione intriso di sesso, sangue e paranormale.
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rnLa morte e la solitudine
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Un elemento che accomuna il protagonista con la sua oscura titolare – la Morte – è la solitudine. Vittime del proprio ruolo e del proprio personaggio, entrambi si ritrovano a vivere in completo isolamento, soffrendo della totale impossibilità nel creare legami. L’autore indaga, tra una sparatoria e l’altra, sulle motivazioni alla base della genesi del mostro, in cui Jerry – sia moralmente che esteticamente – inevitabilmente si trasforma. L’unico legame che permette a Jerry di restare in vita, quello con la figlia Alexandra, è segnato da una totale mancanza di comunicazione. La bambina, bloccata in un mondo impenetrabile a causa di un tumore al cervello che la rende autistica, sembra non recepire l’amore paterno, che si congela in un flusso di energia a senso unico. Anche quella vaga ombra di affetto che Jerry sembra riservare alla prostituta (di cui non sappiamo il nome) con cui passa la notte, trova presto fine nella sua naturale vocazione alla morte, risolvendosi nell’istinto autodistruttivo della giovane donna.
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L’ultimo sorso del morto è fortemente debitore dell’immaginario grindhouse di Tarantino e Rodriguez, che Garota trasporta nel linguaggio fumettistico con un tratto tanto sporco quanto espressivo. Interessante, a questo proposito, osservarne il tratto, tanto pittorico e complesso in alcune vignette, quanto fulmineo in altre. Notevole, senza dubbio, la sua capacità di rappresentare il dolore che dona al racconto alcuni momenti impressionanti. Nel mondo del morto, non c’è bellezza, non c’è speranza e anche il piacere della carne diventa un’arma letale da cui difendersi: l’unica pace si raggiunge unicamente nella catarsi del trapasso in cui l’Uomo può finalmente dire: la guerra è finita.
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