Nato nel 1945, a sedici anni viene colpito da distrofia muscolare progressiva che peggiorerà con gli anni. Negli anni Sessanta, comincia a far uso di droghe per alleviare le sue sofferenze, ma comincia a dedicarsi anche alla pittura e alla scrittura. La malattia continua a progredire fintanto che negli anni Ottanta fu costretto a disintossicarsi, cosa che gli procurò la perdita dell’uso delle gambe. Negli anni a seguire le condizioni Piergiorgio Welby erano talmente peggiorate da costringere i medici ad attaccarlo per sempre ad un respiratore automatico. Qui comincia la sua battaglia. Inizialmente apre un forum perché la sua storia potesse essere conosciuta e per chiedere che gli venisse praticata l’eutanasia. Scriverà successivamente un libro, intitolato “Lasciatemi morire” e infine una lettera a Giorgio Napolitano perché gli venisse riconosciuto questo diritto. Il 20 dicembre del 2006, infine, nel rispetto delle sue volontà, un anestesista aiuterà Welby nel suo ultimo viaggio praticandogli dapprima un’anestesia e infine staccandogli il respiratore.
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“Io amo la vita, Presidente. Vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un amico. Vita è anche la donna che ti lascia, una giornata di pioggia, l’amico che ti delude. Io non sono né un malinconico né un maniaco depresso – morire mi fa orrore, purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita – è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche. Il mio corpo non è più mio … è lì, squadernato davanti a medici, assistenti, parenti.” Piergiorgio Welby, Lettera al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano