Era il 7 dicembre del 1982 quando a Charlie Brooks fu praticata l’iniezione letale. Una procedura, per i condannati nel braccio della morte, ritenuta “la più umana” perché non dolorosa se paragonata alla sedia elettrica o all’impiccagione e quindi una “conquista per la civiltà”.
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Questo tipo di procedura prevede l’iniezione endovenosa di tre sosanze. La prima, un barbiturico, per sedare e rendere incosciente il condannato a morte; nella seconda fase si procede con il bromuro di pancuronio che paralizza i muscoli e i polmoni, per finire poi con il cloruro di potassio che provoca un arresto cardiaco. Seppur considerata la morte “più dolce”, in verità tre casi nel 2014 hanno dismostrato le atroci sofferenze che può provocare l’iniziezione letale. In assenza di Penthotal il sedativo distribuito dalla Hospira e che a seguito delle campagne contro la pena di morte ha bloccato la produzione del farmaco, venne utilizzato in sostituzione il Midazolan. Tuttavia questo medicinale non sedò i malcapitati che morirono tra urla e atroci sofferenze.