Gioacchino Rossini, appena ventriteenne, era già un compositore di tutto rispetto con alle spalle capolavori come L’italiana in Algeri e Tancredi presentati nel 1813 a La Fenice e al San Benedetto di Venezia. Direttore dei Teatri Reali di Napoli, gli fu commissionato dal duca Sforza Cesarini, impresario del Teatro Argentina di Roma, un’opera da presentare durante la stagione di Carnevale del 1816. La decisione ricadde sul rifacimento del Barbiere di Paisiello, un compositore napoletano ancora in vita, scelta che creò notevole tumulto.
rn
L’opera, tratta dalla commedia di Beaumarchais ‘Le Barbier de Séville‘, fu così presentata con il titolo di Almaviva onde evitare scontri con Paisiello e con i suoi sostenitori, tuttavia questa accortezza non sembrò essere sufficiente. La sera del debutto, infatti, forti anche dell’improvvisa morte dell’impresario che sosteneva Rossini, i presenti osteggiarono l’opera scatenando rumorosi tafferugli e gli incidenti avvenuti in scena, sotto gli occhi dello stesso Rossini che dirigeva l’opera, alimentarono ancora di più l’amarezza dei sostenitori del compositore napoletano. La prima di Almaviva, presentata il 20 febbraio del 1816, fu dunque un fiasco nonostante la presenza di Manuel García, uno tra i tenori più rinomati all’epoca di Rossini, e Geltrude Righetti-Giorgi, che l’anno seguente vestirà i panni di Cenerentola.
rn
Nonostante il debutto, tuttavia, le repliche furono un successo e con il titolo de “Il barbiere di Siviglia” l’opera cominciò ad essere presentata nelle città italiane a partire da Bologna e Firenze, cui seguirono la Spagna, Londra, Parigi, Vienna fino ad attraversare l’Oceano e ad approdare il 29 Novembre 1825 a New York. Figaro, il barbiere factotum, conquista così l’America e ancora oggi, grazie anche alla celebre ouverture di questo ‘melodramma buffo’, è tra le opere più replicate al mondo.