“Ma un giorno sotto sale / una sorpresa venne dal mare / dal fondo di uno scoglio / nero di seppia come il petrolio” (Vinicio Capossela, Canzone a Manovella)
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Parte una canzone dal ritmo cadenzato, una canzone che parla di un capitano che naviga in acque dense, in un mare d’inchiostro spesso e nero e la penna va, disegnando profili mediterranei che si inseguono tra musica, letteratura e cinema. Ritmo lento in fondo al mare – racconto grafico di Valerio Pastore e Isabella Capozzi edito da Hyppostyle – è una ballata del mare salato sull’amore tra un vecchio lupo di mare e una bella sirena dal seno perfetto. Ritmo lento si inserisce nella ricca scia di racconti ispirati dal mare e dai suoi abitanti, debitore in particolare di alcuni di loro, ma elegante e sapiente nel citarli.
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rnCome dichiarato sin dalla copertina, innanzitutto, Ritmo lento è ispirato alla Canzone a Manovella di Vinicio Capossela, i cui tratti – e non solo – sono ripresi dall’autore nella definizione del protagonista. Il nome del bar dove il capitano va a cercare la bella sirena, inoltre, riprende quello di un collaboratore del cantautore, Vincenzo Costantino. in arte Cinaski, co-autore di In clandestinità del 2009.
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Chiamatemi Ismaele
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Ogni pagina, ogni vignetta e ogni didascalia hanno il peso di tutta la letteratura del mare, filtrata e personalizzata dall’intervento dei due autori, fruitori voraci e ricercati dei generi più disparati. Nel mondo di Ritmo lento trapela il cuore più profondo della narrativa marinaresca, in cui il protagonista si imbatte, a un certo punto della storia, in una maniera del tutto particolare. Nello stesso oceano si incrociano le vite di Ulisse, del capitano Achab di Melville, del vecchio marinaio di Coleridge e di Jack Dawson: il capitano naviga col peso di questa eredità letteraria, vittima della stessa malia e suddito delle stesse leggi. Tra queste, il canto dolcissimo delle sirene che sin dai tempi più remoti ha condannato i marinai per troppo tempo soli e senza amore. Il capitano si trasforma, dunque, da predatore a preda e scende in un bar sotto il mare, come quello raccontato da Stefano Benni, per consegnarsi totalmente al suo destino.
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A dispetto del titolo, Ritmo lento in fondo al mare scorre rapido tra le mani del lettore. Il fascino del tratto di Pastore convince al 100%, sia nell’uso intensamente espressivo delle ombre, sia nella padronanza assoluta delle anatomie umane e animali. La distribuzione delle figure nelle pagine, che travalica spesso e volentieri la canonica vignetta, è libera e fluida e traspone nell’immagine il concetto mutevole e potente dell’acqua, colonna portante – come ormai risulta chiaro – della narrazione. Il silenzio assoluto del mare è reso anche nella scelta di evitare il discorso diretto e di delegare la narrazione alle didascalie, che raccontano con una lirica asciutta ed efficace questa parabola di amore e crudeltà.
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“Avvicinati dunque, glorioso Odisseo, grande vanto dei Danai, ferma la nave, ascolta la nostra voce. Nessuno è mai passato di qui con la sua nave senza ascoltare il nostro canto dolcissimo: ed è poi ritornato più lieto e più saggio”.(Odissea, libro XII)