Otto ore di sciopero lunedì prossimo 21 novembre per gli oltre 30 mila lavoratori pugliesi del settore tessile e abbigliamento, che chiedono un nuovo contratto di lavoro dignitoso. A proclamarlo sono stati Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil, nell’ambito della mobilitazione nazionale per il contratto tessile-abbigliamento del settore industriale. Un settore produttivo che in Puglia nonostante la crisi che si è abbattuta sul manifatturiero continua a presentare poli di eccellenza soprattutto nel Salento, in Valle d’Itria e nel Nord Barese.
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Il settore tessile/abbigliamento torna allo sciopero dopo 20 anni e lo fa in difesa del contratto nazionale, scaduto più di sei mesi fa e che riguarda oltre 420mila addetti in tutto il Paese. La trattativa con SMI per il rinnovo si è bruscamente interrotta lo scorso 20 ottobre.
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Le principali ragioni che hanno spinto i sindacati di categoria alla mobilitazione e allo sciopero del settore, oltre che all’organizzazione di una manifestazione nazionale, riguardano il modello per l’individuazione ed erogazione degli incrementi salariali, la richiesta di ridurre le ferie degli impiegati, quella di intervenire sui 3 giorni di carenza per malattia già retribuiti da molti anni al 50 per cento, il pieno recepimento del jobs act, l’intervento sulla legge 104, le richieste normative tutte incentrate a comprimere diritti e il ruolo negoziale delle Organizzazioni Sindacali territoriali e delle R.S.U. Si intende accentrare nel Contratto Nazionale ogni norma in materia di organizzazione del lavoro attraverso una revisione che nega la contrattazione aziendale e il decentramento.
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In un comparto dove la contrattazione di 2° livello, per cultura e per dimensione aziendale, stenta ad affermarsi – affermano Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil – è irrinunciabile il ruolo regolatore e l’autorevolezza salariale del contratto nazionale; inoltre l’atteggiamento di SMI evidenzia la volontà di negare diritti come strumento prevalente a garantire competitività alle aziende. Prendiamo atto che SMI sembra interessata esclusivamente a ridurre diritti e salari attraverso l’affermazione di un modello contrattuale che definisca ex post i minimi e non dia all’atto della sottoscrizione nessuna certezza previsionale.