Uno sguardo attento sul mondo, attraverso l’obiettivo della macchina fotografica: il World Press Photo 2016 è un sunto degli eventi più significativi dell’ultimo anno raccontato dagli scatti dei migliori fotoreporter del mondo. Tra le numerose città che ospitano la selezione delle foto vincitrici del concorso di fotoreportage, c’è anche Bari che dal 30 settembre al 23 ottobre apre le porte dello Spazio Murat per presentare al pubblico questa importante antologia di immagini.
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Nello spazio espositivo si susseguono le tante storie private che costruiscono la storia di cui facciamo parte: da Mariya, nata a Kiev nel 1986 che convive con una tiroidite cronica causata dal disastro di Chernobyl – fotografata dal giapponese Kazuma Obara – a Lamon Reccord che affronta a testa alta un poliziotto durante la manifestazione contro le violenze razziali della polizia a Chicago, nello scatto di John J. Kim. E, ancora, gli sbarchi dei migranti del Mediterraneo, l’impenetrabile Corea del Nord, il conflitto siriano e le manifestazioni di solidarietà dopo gli attentati in Francia che hanno visto tutto l’Occidente trasformarsi in Charlie Hebdo.
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Al centro, trionfa la fotografia vincitrice di quest’edizione, “Hope for a new life” di Warren Richardson, un’istantanea scattata il 28 agosto al confine tra Serbia e Ungheria dopo cinque giorni passati in un campo profughi: “Quella notte (…) ho visto un gruppo di circa 200 persone che si muoveva nascondendosi tra gli alberi, lungo la barriera del filo spinato – racconta il fotografo australiano nel video proiettato tra le foto esposte. Le donne, i bambini e le persone anziane camminavano davanti. Abbiamo giocato tutta la notte al gatto e al topo. Erano circa le tre del mattino quando ho scattato la foto, senza utilizzare il flash per evitare che la polizia si accorgesse quella gente. Scattai al chiarore della luna”. L’allestimento si ispira proprio all’idea di confine raccontata da Richardson, come spiega il curatore Vito Cramarossa: “Tutti i pannelli sono ricoperti di cemento e rappresentano un po’ quelli che possono essere i muri che vengono eretti per creare le barriere ai confini e per dividere gli stati. Il filo spinato e la rete rappresentano appunto il confine e richiamano la foto di Warren Richardson, così come le rose rosse: il titolo dello scatto è ‘Hope for a new life’ e la rosa per noi è la speranza, il fiore più bello che però nasconde delle insidie, appunto le spine”.
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Il valore di testimonianza delle fotografie esposte è assoluto e si accompagna a un’evidente qualità estetica. “Il senso estetico della fotografia – sottolinea Cramarossa – è importante per attirare l’attenzione e per lanciare un messaggio ancora più forte. Quello che c’è dietro, la storia dei soggetti è altrettanto importante, ma bisogna saperlo raccontare. La fotografia è un mezzo di comunicazione velocissimo, un pixel, un frame, un attimo che viene rubato al tempo ma che racconta una storia molto più grande”.
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La mostra sarà visitabile nello spazio Murat in piazza del Ferrarese a Bari dalle 11 alle 20.30 (martedì, mercoledì, giovedì), dalle 11 alle 22 (venerdì e sabato) e dalle 11 alle 13 e dalle 16 alle 22 la domenica e resterà chiusa il lunedì.