Negli ultimi trent’anni, dinanzi alla globalizzazione e alla crisi di un tessuto industriale e imprenditoriale che iniziava a perdere terreno su innovazione, ricerca e formazione, la classe politica ha scelto la flessibilità come aspetto strategico su cui rendere competitivo il sistema d’impresa. Flessibilità però trasformatasi in precarietà esistenziale per una generazione quasi solo sfruttata da un sistema di imprese in crisi sia a causa della corruzione sia per la mancanza di investimenti strategici. Le aziende sono costrette a competere sul costo del lavoro, depotenziando e praticando politiche del massimo ribasso. Gli ultimi anni hanno portato in piazza generazioni uscite dal ventennio berlusconiano, con la prospettiva di affrontare solo la grave sfida crisi economica. Nel frattempo però i giovani sono stati appellati in diversi modi: bamboccioni, choosy, sfigati, inoccupabili.rn
Annunci
rn
Ma realmente chi conosce la condizione giovanile? Ma soprattutto quali sono le proposte per migliorarla? Se penso alla mia generazione mi vengono in mente solo tanti lavori. Ma precari. Giornate scandite da turni di lavoro da incastrare faticosamente e nel tempo libero trovare qualcos’altro da fare per mettere insieme uno stipendio dignitoso che consenta a noi giovani di pagare l’affitto, le bollette, l’assicurazione dell’auto e non da ultimo fare la spesa. Il mondo del lavoro pullula di stage e tirocini per lo più non retribuiti, di contratti a chiamata, di voucher. I salari non rispecchiano il costo della vita attuale: si lavora per 24, 30, 38 ore settimanali e si percepisce uno stipendio con il quale non si riesce ad essere autonomi. E si è fortunati ad averlo, lo stipendio. In caso contrario i più coraggiosi fanno causa al datore di lavoro nella speranza di vincerla, magari dopo anni di attesa.
rn
rn
Se consideriamo che il precariato è la forma prevalente di occupazione dei ragazzi, è chiaro che la questione giovanile è in parte sovrapponibile alla questione del lavoro, e quindi del salario diretto, indiretto e differito. E pensare che in Italia abbiamo il più giovane Presidente del Consiglio, poco più che trentenne che ha fatto irruzione con il tema della “rottamazione” aprendo di fatto uno scontro tra classi dirigenti vecchie e nuove per poi praticare una politica di riforme mirata a svilire definitivamente la condizione giovanile facendo diventare il tasso di disoccupazione dei ventenni, il più elevato nella storia della Repubblica. Siamo di fatto una generazione per cui il lavoro, più che definire l’identità professionale, è diventato sinonimo di alienazione, a partire proprio dal rapporto tra università e giovani, basti pensare che gli ultimi anni hanno registrato un meno 50 mila iscritti. Per un giovane la scelta di smettere di studiare può apparire razionale: il salario medio d’ingresso di un laureato triennale è crollato da 1.300 euro del 2007 a 1.004 euro del 2012, se e quando trova lavoro. E la pensione? La pensione è un diritto che i giovani rivendicano ma è chiaro che la totale frammentazione del mercato del lavoro lede alla base anche una minima possibilità di garanzia pensionistica. I giovani alla pensione ci pensano eccome.
rn
rn
Dinanzi a questo scenario il sindacato ha solo una strada: parlare a tutte e a tutti, mettendo al centro il modello che vogliamo costruire a partire dal Lavoro. Per questo la Cgil ha elaborato un piano straordinario per l’occupazione giovanile e femminile, per creare 1,6 milioni di posti di lavoro. E’stata inaugurata dunque una fase di ricerca di rivendicazione capace di abbracciare la battaglia sulla precarietà, il diritto alla libera informazione, l’avanzamento dei diritti, la dignità del lavoro, le pensioni, il diritto alla salute.
rn
rn
In particolare sul lavoro bisogna fare in modo che i contratti flessibili siano tutelati, che ai giovani sia definita una sorta di “copertura retributiva” anche nella fase di interruzione del rapporto di lavoro. Di certo quel vuoto va riempito, creando anche un sistema di solidarietà per i giovani attraverso la destinazione di una quota parte sulle pensioni alte, dato che nel nostro Paese le pensioni non sono tutte alte. Per portare avanti queste battaglie occorre avere la possibilità di dire di no. Oggi questa possibilità di fatto non c’è, perché è la condizione individuale che non riconosce il diritto allo sciopero facendo sentire ogni individuo un’isola e non un paese. Dunque tutto diventa più complicato, anche decidere di avere figli. Al di là dei ragionamenti scientifici sull’orologio biologico delle donne (e vorrei ricordare sommessamente che questo vale anche per gli uomini), la maternità resta un evento sociale. Oggi molte cose sono cambiate e non a caso il sindacato si esprime in termini di genitorialità, battendosi nei Ccnl per questo. Oggi si sceglie di essere genitori, non solo madri. Ma pur sembrando crudele, i giovani di oggi prima di diventare genitori pensano al lavoro. Perché senza lavoro non ci si può permettere la baby sitter, l’iscrizione al nido, e tutte le cure di cui un figlio necessita. Non è certo un bonus che ti fa genitore. Questo a conferma del fatto che è dal Lavoro che bisogna ripartire tanto per i giovani quanto per i pensionati. Sono due facce della stessa medaglia, complementari tra loro per la crescita e lo sviluppo dell’intero Paese. Dalla denuncia puntuale e accurata, la Cgil passa ai fatti e scende in campo con proposte concrete, stilando un elenco di priorità a partire dalla creazione di strumenti reali per creare occupazione stabile (va bene la politica degli incentivi in una fase di emergenza, ma finiti gli incentivi le imprese hanno smesso di assumere o ancora peggio hanno licenziato e prova ne è il Job’s Act).
rn
La Cgil di Bari, seguendo l’input della Cgil nazionale, chiama a raccolta il mondo dell’associazionismo, i giovani della città, gli imprenditori, l’Università, il Politecnico, gli Istituti di credito, e non da ultimo le istituzioni tutte del territorio metropolitano, per dar vita a LABORATORIO PER I GIOVANI E IL LAVORO. Si tratta di un luogo che avrà una sede, decisa insieme ai soggetti coinvolti, protagonisti tutti della campagna ideata dalla Camera del lavoro metropolitana e provinciale di Bari dal titolo “BARI È DISPARI!”. Crediamo sia necessario mobilitarci, aprire un grande dibattito pubblico tra tutti gli attori del territorio, costruire insieme proposte che diventino soluzioni. Il territorio della nostra città metropolitana è caratterizzato ancora da poche opportunità e troppe diseguaglianze; da qui il titolo della nostra campagna sindacale “Bari è dispari!”. Obiettivo: realizzare un matching, ovvero un incrocio continuo tra domanda e offerta, partendo dalla valutazione delle esigenze del mercato del lavoro e creare nuove opportunità per ridurre le disuguaglianze. Il bisogno va poi intercettato attraverso la formazione offerta da Politecnico e Università. I percorsi formativi devono rispondere al tema dell’impresa ma anche alla vocazione del territorio. E qui l’innovazione gioca un ruolo fondamentale. Riflettendo sul perché gli studenti emigrano emerge chiaro che il prestigio di un ateneo è dato dalla politica dei servizi che l’università offre. E in questo contesto le banche non possono continuare ad essere miopi non dando accesso al credito, ma devono adattare strumenti creditizi e finanziari alle nuove forme di lavoro. Servono strumenti di fiscalità rivolti ai giovani e non solo alle imprese nella misura in cui creano occupazione e la mantengono. Faccio un esempio concreto: dare la possibilità ad un lavoratore di scaricare fiscalmente le duecento euro al mese che spende per l’abbonamento per il trasporto. Allo stesso modo uno studente deve poter scaricare l’affitto di casa dato che è un fuori sede ed ha necessità di essere supportato da interventi di fiscalità che aiutino il suo essere studente e giovane lavoratore. Se vogliamo risolvere tali disparità, di reddito, di diritti, di possibilità serve mettersi tutte e tutti in gioco. Facciamolo insieme!
rnrn
rnrn
GIGIA BUCCI – SEGRETARIO GENERALE CGIL BARI