Annamaria ha diciassette anni e un grande amore. Un giorno, però, rimane incinta e, guidata da tutto il suo coraggio, inizia un’odissea per l’Europa alla ricerca di un futuro per suo figlio. Il viaggio la porterà dalla Romania a Bari, dove dovrà fare i conti con un sistema giudiziario, una lingua e dei valori a lei sconosciuti.
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“Io non ho sbagliato” di Onofrio Pagone è un romanzo che trae spunto da una storia vera per approfondire il delicato tema della maternità, attraverso il racconto in prima persona della giovane protagonista. Il primo romanzo del giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno è pubblicato dalla casa editrice bolognese Gilardi.
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In che modo la sua carriera da cronista ha contribuito alla scrittura del romanzo?
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Uno degli elementi di forza del romanzo è che la storia trae spunto da una storia vera di cui ho scritto sul giornale e che si è svolta a Bari. Come ho teorizzato nel libro precedente, lo sforzo sta nel passare da essere un cronista dei fatti a essere un cronista dell’anima e nell’andare oltre il racconto giornalistico per entrare nel cuore delle storie e dei protagonisti e nel mio. Il cronista è tenuto a non lasciarsi prendere emotivamente dalla storia, “Io non ho sbagliato”, invece, è il paradigma dell’emozione.
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E’ stato difficile immedesimarsi in una figura femminile?
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E’ stato particolarmente difficile, faticoso e doloroso. Entrare nella sensibilità di una donna, rispetto al tema della maternità, è molto complesso, ma ho preso la questa decisione con consapevolezza. Mi sono imbattuto nella protagonista, avendole fatto un’intervista, e, dopo averla incontrata, sono rimasto sconvolto. Ho deciso di raccontare la sua storia, il che mi ha imposto una scelta, se raccontarla in terza persona, interponendo tra la protagonista e il lettore il filtro del narratore, o farla parlare in prima persona così che le emozioni della ragazza e le mie venissero consegnate direttamente al lettore. La maternità è un tema estremamente individuale, ogni donna la percepisce a proprio modo e ogni gravidanza ha una sua storia, esattamente come per me ogni libro è come un parto, perché si fa crescere una vita dentro di sé e la si consegna al mondo.
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La protagonista, Annamaria, affronta una vera e propria avventura
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Considerate che lei è minorenne e che affronta un mare di difficoltà da sola. Tra queste, c’è la lingua: Annamaria non viene capita, quando arriva in Italia non sa parlare altra lingua se non il rumeno. Tutti i suoi guai iniziano con la complicità di questo elemento, lei non sa rapportarsi con nessuno perché le manca la padronanza della lingua. Si mette, così, a studiare l’italiano e lo impara benissimo. In più, deve affrontare due processi a Bari per suo figlio, quindi si confronta anche con la giustizia in Italia. Affronta delle prove nel rapporto con i suoi genitori, con il fidanzato, con le istituzioni, con la religione nella figura della nonna che le consegna un’immaginetta di Sant’Agostino con la frase: “Canta e cammina, non fermarti, non deviare”.
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A proposito di maternità, la settimana scorsa il Ministero ha presentato la campagna del #FertilityDay che ha suscitato molto clamore, che ne pensa?
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Sono contento che il Ministero abbia fatto un passo indietro perché quella campagna era particolarmente offensiva nei confronti delle donne, ma anche nei confronti degli uomini, posto che la maternità non prescinde mai da una paternità. Mi ha meravigliato molto che quella campagna fosse partorita dal ministro neo-mamma, proprio perché, avendo avuto contatto con la maternità di recente, mi sarei aspettato una maggiore sensibilità: parlare di orologio biologico è molto offensivo per la donna e per il suo compagno. E’ stata una campagna pubblicitaria che ha calpestato la sensibilità umana. Io ho deciso di scrivere in prima persona anche perché la maternità di questa ragazza non poteva prescindere dalla paternità del fidanzatino e io, essendo padre, mi sono sentito coinvolto, rivivendo l’emozione della paternità: anche il padre vive i nove mesi dell’attesa, nonostante questo nella percezione sociale non avviene. La maternità non è della donna, la maternità è della coppia.
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