Le accuse mosse dalla magistratura barese al 23enne afghano Hakim Nasiri, ritenuto un terrorista, sarebbero “censure del tutto generiche”, “potenzialmente utilizzabili per qualunque gruppo di cittadini extracomunitari appartenente alla religione musulmana”.
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È quanto scrivono i suoi difensori, gli avvocati Pasquale Puzziferri e Adriano Pallesca, nel ricorso depositato in Cassazione contro il provvedimento del Tribunale del Riesame di Bari che nelle scorse settimane ha disposto il carcere per il ragazzo. Nasiri fu fermato dai carabinieri di Bari il 10 maggio e poi rimesso in libertà dopo tre giorni dal gip. Accogliendo l’appello della Dda, il Riesame ha poi disposto l’arresto del ragazzo e dei due connazionali Surgul Ahmadzai e Qari Khesta Mir Akhmazai, all’epoca sfuggiti alla cattura. Stando alle indagini coordinate dalla Procura di Bari, Nasiri avrebbe fatto parte di una cellula terroristica di matrice islamica pronta a progettare attentati in Italia e all’estero grazie al supporto logistico ed economico di affiliati all’Isis. Agli atti ci sono video, ritenuti sopralluoghi di luoghi sensibili da colpire, foto di armi e combattenti e documenti inneggianti al jihad, rinvenuti nei telefonini degli indagati.
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Contestando le motivazioni dei giudici del Riesame di Bari e della Procura Antimafia, i difensori del 23enne afghano ritengono che “avere sul proprio cellulare una foto in cui l’indagato punta il suo indice medio su di un’immagine che raffigura Yousafzai Malala, premio Nobel per la pace 2014, o che imbraccia un fucile d’assalto in un supermercato di Londra, non può essere ritenuto di per sé sufficiente per fare proselitismo”. “Ragionare per astrazione così come ha fatto il tribunale del riesame di Bari – continua il ricorso dei legali – porterebbe all’estrema conseguenza che anche un cittadino italiano, cristiano o di altra fede religiosa diversa da quella musulmana, non potrebbe avere sul proprio cellulare alcuna fotografia di un fucile o caricaturale di un personaggio pubblico senza essere accusato di far parte di un’associazione terroristica”.
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L’udienza in Cassazione è stata fissata per il prossimo 1 dicembre dinanzi alla prima sezione penale della Suprema Corte.