“Mia moglie di 53 anni è passata da una felice precaria a una di ruolo condannata. È stata trasferita dalla provincia di Lecce a Lido di Venezia, in provincia di Verona, dove per vivere bisogna spendere più di 3mila euro al mese”. Quasi 1000 chilometri per poter lavorare e ritrovarsi costretti ad affrontare ulteriori spese, a fronte di uno stipendio di 1300 euro al mese.
rn
Questa una delle tante testimonianze sull’esodo forzato dei docenti pugliesi, trasferiti nel centro e nord Italia. E già sono partite le prime istanze, mille secondo la Uil Puglia.
rn
“Le scelte operate da questo governo – spiega il segretario generale Uil scuola Puglia Gianni Verga -, senza alcun criterio, hanno sempre qualche contro interessato e le assunzioni si stanno trasformando in una singolare guerra tra poveri. In Puglia e per la Puglia, in seguito agli errori sui trasferimenti, sono state presentate oltre 1000 istanze di tentativi di conciliazione e molte di queste finiranno nelle aule dei tribunali. Inoltre, per non aver rifatto subito le operazioni sbagliate, come avviene in qualsiasi Paese civile fondato sulla certezza del diritto, tutte le situazioni che si andranno a risolvere da questo momento in poi avranno sempre dei contro interessati”.
rn
Il sindacato spiega che in queste ore il Miur sta provando ad approntare delle soluzioni “tese a favorire il rientro in sede di una parte di coloro che sono stati trasferiti fuori regione”. Provvedimenti che, a loro dire, non serviranno a risolvere la situazione, ma andranno solo a ritardare ancora di più il normale inserimento dei docenti, presenti nelle graduatorie ad esaurimento, all’interno degli istituti. “In questo caos – conclude Verga – gli uffici dei provveditorati sono al collasso perché in tre giorni dovranno risolvere quelle situazioni appese ad un filo che non permettono, alla data odierna, di conoscere con certezza in quale scuola si troveranno il primo settembre i docenti, oltre alle operazioni di immissione in ruolo del personale Ata, dei docenti di infanzia e le operazioni di routine. Infatti, questa situazione non permette agli stessi docenti di assumere decisioni importanti, compresa quella, apparentemente banale, di prendere casa”.